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L’INSETTICIDA CLORPIRIFOS UN NUOVO INTERFERENTE ENDOCRINO
Roberta Tassinari e Sabrina Tait
Reparto di
Tossicologia Alimentare e Veterinaria, Dipartimento di Salute Pubblica
Veterinaria e Sicurezza Alimentare.
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Tra i pesticidi utilizzati in agricoltura e per usi non agricoli
(disinfestazioni, giardinaggio) i più diffusi sono gli insetticidi
organofosforici, di cui il Clorpirifos (CPF) è un importante rappresentante. Del
CPF sono noti gli effetti neurotossici tanto che la U.S. Environmental
Protection Agency ne ha bandito l’uso domestico. Il CPF infatti, come tutti i
pesticidi organofosforici, è un inibitore dell’acetilcolinesterasi, enzima che
controlla i livelli del neurotrasmettitore acetilcolina nel sistema nervoso
centrale e periferico. L’esposizione cronica agli organofosforici può portare a
perdita di memoria, depressione ed insonnia. Gli effetti del CPF sono
particolarmente rilevanti quando ad essere esposti sono gruppi di popolazione
maggiormente vulnerabili come le donne in gravidanza, e di conseguenza il feto
ed i bambini; studi sperimentali mostrano come, in queste fasi, il CPF può
interferire in maniera permanente con lo sviluppo neurocomportamentale (Venerosi
et al, 2008).
Diversi pesticidi hanno la capacità di agire come Interferenti Endocrini (IE)
(Mantovani et al 2008), ma non era ancora chiaro se una classe importante come
gli organofosforici avesse la capacità di alterare i meccanismi di regolazione
ormonale. Studi condotti all’interno del nostro reparto dimostrano che
l’esposizione in gravidanza e/o neonatale nel topo provoca:
1) ipotiroidismo nelle madri esposte, con riduzione dei livelli degli ormoni
tiroidei e danni visibili a livello del tessuto. Nella prole è evidente
un’alterazione del tessuto tiroideo e dei livelli ormonali in modo simile a
quanto osservato nelle madri, sia in epoca perinatale sia a piena maturità
sessuale (De Angelis et al, 2009);
2) effetti permanenti relativi alla produzione di ossitocina e vasopressina, due
regolatori neuroendocrini sintetizzati nell’ipotalamo. In particolare, l’ossitocina
risulta aumentata mentre i livelli di vasopressina diminuiscono (Tait et al,
2009).
Tali alterazioni si osservano a dosi di CPF al di sotto della soglia di
tossicità per il sistema nervoso. Le evidenze da noi riscontrate riguardano
principalmente animali in età adulta, ma esposti solo nelle prime fasi della
vita, e soprattutto in gravidanza: si tratta quindi di un’alterata
programmazione, persistente, dell’organismo; inoltre, i maschi appaiono essere
più suscettibili per entrambi gli effetti. È importante sottolineare che
l’alterazione a livello tiroideo sia nelle madri sia nella prole, può implicare
una disregolazione nei processi di crescita e sviluppo con probabili ricadute
anche su altri sistemi, compreso quello riproduttivo, che sinora non risulta un
bersaglio importante per l’azione del CPF. Inoltre, l’alterazione dei livelli
dei neurotrasmettitori ipotalamiche suggerisce un effetto sui meccanismi di
regolazione ed in particolare sul dialogo fra ipotalamo e altre componenti del
sistema endocrino, a partire dall’ipofisi.
I nostri risultati dimostrano, per la prima volta, che il pesticida
organofosforico CPF è un IE, con meccanismi inediti ed inattesi ed effetti a
lungo termine sulla regolazione neuro-endocrina e tiroidea.
Altri pesticidi organofosforici potrebbero condividere lo stesso meccanismo, con
ricadute per la tutela della sicurezza alimentare, da almeno due punti di vista:
- è importante tenere conto delle recenti acquisizioni scientifiche nella
definizione dei limiti massimi di residui per i pesticidi negli alimenti,
tutelando sempre di più il feto e il bambino, che possono essere maggiormente
suscettibili;
- occorre valutare attraverso appropriati modelli sperimentali gli effetti
congiunti dovuti alla presenza contemporanea negli alimenti di più pesticidi con
lo stesso meccanismo.
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