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"AGROFARMACI" dannosi per le
api
AGROFARMACI, FITOFARMACI,
ANTIPARASSITARI o PESTICIDI?
Ultimamente il termine
fitofarmaci è stato sostituito con quello di agrofarmaci.
Sono chiamati anche antiparassitari (un antiparassitario è un prodotto chimico
impiegato in agricoltura per controllare, respingere, attirare ed uccidere
parassiti) o all'inglese pesticidi, ma il termine "pesticida" è più generico
dell'espressione "fitofarmaco" poiché ingloba oltre ai prodotti destinati alla
protezione delle piante, anche i prodotti ad uso veterinario destinati a
proteggere gli animali domestici e da compagnia (ad esempio, il collare
antipulci per cani).
Il termine più corretto sarebbe BIOCIDA.
Nel "gergo" comune
utilizzato dai contadini sovente vengono chiamati "veleni" o "medicine" a
seconda della sensibilità soggettiva... Una volta si parlava generalmente
di miscele, irrorazioni venefiche, veleni; insomma si era coscienti di non saper
bene cosa si maneggiasse, ma se ne intuiva già il potenziale rischio.
Si è deciso di usare il
termine Fitofarmaci, perché con la sua asettica ufficialità sottolinea la
“natura farmacologica” di queste sostanze, contribuendo così a mettere
sull’avviso i potenziali utilizzatori.
Un farmaco dovrebbe essere venduto da specialisti ed ormai quasi solo dietro presentazione
di una prescrizione medica. Un farmaco, lo sappiamo tutti, è un “veleno” da
prendere solo in casi specifici ed a dosi precise. Un farmaco, proprio per la
sua natura di sostanza estranea, presenta innumerevoli controindicazioni legate
agli effetti collaterali. E questo è tanto vero che assumere un farmaco “è
scegliere il male minore” oppure “non serve a stare bene, ma solo meno male”.
Un farmaco è tanto pericoloso che non può essere smaltito nei normali cassonetti
destinati ai rifiuti urbani, bensì in appositi contenitori disseminati nelle
farmacie.
Un farmaco infine non viene mai perso di vista dalle autorità competenti. O
almeno così dovrebbe essere. Infatti dopo i rigidi test per la sua messa in
commercio, si innesca un meccanismo di controllo che osserva e registra i suoi
effetti sulla popolazione: è la Farmaco Vigilanza, garanzia istituzionale per la
salute dei cittadini. Per tutti i farmaci dovrebbe accadere lo stesso.
Anche per i Fitofarmaci.
Elencarli sarebbe
comunque lunghissimo, ci limiteremo qui a descrivere quelli attualmente più in uso nel
nostro territorio, sulle principali colture.
I fitofarmaci oltre ad essere utilizzati quali mezzi tecnici di protezione in
pieno campo e/o nella conservazione dei prodotti vegetali (in post-raccolta),
trovano impiego anche come fisiofarmaci, per influire sui processi vitali dei
vegetali (fitoregolatori o biostimolanti).
In relazione ai loro effetti sono
distinti in:
• Anticrittogamici o Fungicidi
• Battericidi
• Insetticidi
• Acaricidi
• Nematocidi
• Rodenticidi
• Diserbanti
• Fumiganti
• Fitoregolatori o Biostimolanti
• Ausiliari
• Altri
Sono presenti in commercio sottoforma di preparati commerciali o formulati
(oltre 4000 formulazioni) contenenti miscele o soluzioni composte da una o più
sostanze attive (quelle utilizzate sono più di 300), e da alcuni coformulanti
che ne migliorano le caratteristiche di solubilità, adesività, persistenza,
ecc... La sostanza attiva, o principio attivo (s.a. o p.a.), è quella molecola
chimica, o microrganismo antagonista (compresi i virus), che esercita un'azione
generale o specifica sugli organismi nocivi o sulle piante infestanti.
Utilizzo ed esposizione
Circa il 40% dei fitofarmaci prodotti nel mondo viene impiegato nel Nord
America, il 25% in Europa occidentale ed il resto in altri continenti. In Italia
viene utilizzato circa il 2-3% della produzione mondiale e l’uso è regolamentato
da numerose leggi al fine di ridurne al minimo gli effetti nocivi sull’uomo,
sugli animali, sugli organismi utili e sull’ambiente.
L’esposizione ai fitofarmaci può essere:
– diretta: per chi li produce e per chi li usa nelle operazioni agricole;
– indiretta: per chi vive o frequenta gli ambienti in cui vengono utilizzati;
– alimentare: a cui sono potenzialmente tutti esposti.
Per ridurre il rischio di esposizione nelle fasi di produzione è necessaria una
corretta progettazione degli impianti, la messa in atto di sistemi di
aspirazione o ventilazione, l'uso di guanti, tute, occhiali ed altri mezzi
protettivi individuali, il controllo sanitario ed il monitoraggio biologico dei
lavoratori esposti. Durante la manipolazione di tali sostanze, i fattori che
maggiormente favoriscono il pericolo di intossicazione sono:
a) l’inconsapevolezza degli agricoltori dei rischi inerenti i prodotti che
usano;
b) l’assenza, nelle aziende, di un locale adibito specificamente a deposito di
fitifarmaci;
c) la mancanza, a volte, di una adeguata etichettatura;
d) il mancato utilizzo di mezzi di protezione durante la preparazione di miscele
e l'irrorazione.
L’esposizione alimentare spesso viene considerata una via di esposizione meno
pericolosa sia per la regolamentazione vigente sia per le più basse
concentazioni dei principi attivi sugli alimenti al momento del consumo, ma
potenzialmente può interessare tutti ed avere quindi ripercussioni su più vasta
scala e a lungo termine.
Il rischio salutistico deriva dall’uso troppo spesso sistematico, eccessivo e/o
indiscriminato di prodotti fitosanitari e dal mancato rispetto dei tempi di
carenza, atteggiamenti responsabili della presenza di residui di sotanze
chimiche sia nell’ambiente che nelle derrate alimentari e quindi della loro
introduzione nell’alimentazione animale e umana.
I rischi correlati all’alimentazione sono essenzialmente di tipo cronico. La
tossicità cronica deriva infatti da una esposizione prolungata a quantità minime
di sostanze tossiche Gli effetti su animali a sangue caldo e sull’uomo sono
principalmente di tre tipi:
1. mutageni, se producono alterazioni nel patrimonio genetico;
2. cancerogeni,
quando si producono dei ceppi anomali di cellule a seguito di alterazioni delle
stesse;
3. teratogeni, quando le alterazioni riguardano l’embrione o il feto.
Ormai queste sostanze fanno parte integrante della nostra dieta e la loro
presenza, anche se inferiore ai limiti fissati per legge, rappresenta comunque
sempre un rischio. Il consumatore è tutelato dall’applicazione della cosiddetta
dose giornaliera accettabile (DGA o ADI, Acceptable Daily Intake) che
rappresenta la quantità di una sostanza chimica che ingerita ogni giorno per
tutta la vita non arreca rischi apprezzabili alla salute.
Tuttavia l’attuale legislazione presenta comunque dei limiti, in quanto nel
determinare la DGA non tiene in considerazione l’eventuale contemporanea
assunzione di più alimenti contaminati dalle stesse sostanze che sommandosi
possono raggiungere livelli superiori a quelli della dose giornaliera
accettabile, né l’assunzione contemporanea di numerose sostanze tossiche
chimiche, anche in quantità inferiori alle relative dosi giornaliere
accettabili, ma comunque in grado di potenziare l’effetto tossico delle singole
o determinare effetti non prevedibili.
Classificazione
La determinazione della pericolosità di fitofarmaci è basata sulla cosiddetta
tossicità acuta, cioè sull’effetto letale che la sostanza provoca su animali da
esperimento (ratti e conigli). Alle cavie viene somministrato il prodotto
tossico attraverso varie vie (orale, dermale, inalatoria, ecc.), a dosi diverse
per definire la dose capace di provocare la morte del 50% degli individui
sottoposti all’esperimento. Si identifica così la cosiddetta dose letale media
indicata con le sigle:
• (DL50) espressa in milligrammi di p.a. per Kg di peso corporeo (mg/Kg);
• (CL50) espressa in milligrammi di p.a. per litro di aria (mg/l);
Quanto minore è il valore tanto maggiore è la tossicità del prodotto. Con questo
criterio i fitofarmaci sono collocati in due classi tossicologiche:
• 1a classe per i principi attivi molto tossici o tossici il cui impiego ed
acquisto, insieme a quelli della II classe, è consentito esclusivamente al
personale qualificato munito del patentino di cui all'art. 23 del D.P.R. 3
agosto 1968, n. 1255;
• 2a classe per i principi attivi nocivi; gli irritanti e le altre sostanze la
cui tossicità non è rilevante (esenti da classificazione) fanno parte della ex III e IV classe tossicologica, così come previsto dal succitato D.P.R. n.
1255/68.
I prodotti appartenenti alla 1a classe sono contraddistinti da un simbolo
recante un teschio su ossa incrociate con la scritta “molto tossico” o “tossico”
e quelli appartenenti alla 2a classe sono contraddistinti da una croce di S.
Andrea con la scritta “nocivo”.
Commercializzazione
I prodotti fitosanitari possono essere immessi in commercio solo se confezionati
in involucri o imballaggi chiusi non manomissibili. Le etichette, inoltre,
autorizzate dal Ministero della Sanità, devono riportare le seguenti
indicazioni:
– il nome del formulato commerciale eventualmente con ®, se il marchio è
registrato;
– l'attività esplicata dalla sostanza attiva sul bersaglio (insetticida,
fungicida, diserbante, ecc.) ed il tipo di formulazione (polvere bagnabile,
liquido emulsionabile, ecc.) con cui si presenta il prodotto, accompagnato
eventualmente da frasi caratterizzanti il meccanismo d'azione (sistemico,
citotropico, contatto, ecc.) nonché le colture cui è destinato e gli organismi
nocivi da combattere;
– la composizione: titolo espresso in grammi di una o più s.a. presenti nel
formulato, coformulanti (disperdenti, bagnanti, adesivanti, ecc.);
– le frasi di rischio: tipo “nocivo per inalazione, ingestione e contatto con la
pelle”, “irritante”, “altamente tossico”, ecc. a seconda della classe
tossicologica di appartenenza. Sempre nel campo relativo alle frasi di rischio
sono riportati consigli di prudenza del tipo "Attenzione manipolare con
prudenza" e altre frasi quali "Conservare fuori dalla portata dei "bambini", "Evitare
il contatto con gli occhi e con la pelle", ecc.;
– la sede legale della ditta produttrice con la relativa denominazione o il
titolare della registrazione;
– gli stabilimenti od officine di produzione;
– numero e data di registrazione del Ministero della sanità con l'eventuale data
di scadenza dell'autorizzazione;
– quantità netta del preparato con le eventuali altre taglie autorizzate;
– numero di partita;
– frase indicante che il contenitore non può essere più riutilizzato.
Sulla faccia speculare dell'etichetta o nel foglio illustrativo allegato,
vengono riportate le norme precauzionali (conservare la confezione ben chiusa,
non operare controvento, ecc.) e le informazioni per il medico.
Dosi e modalità di impiego
Nel campo visivo relativo alle dosi di impiego ed al settore cui il prodotto è
destinato di solito vengono riportate le frasi: "il prodotto è consigliato per
...........", "si impiega alle dosi di .......", "si impiega sulle seguenti
colture secondo le modalità prescritte".
Nello stesso campo sono riportate anche note relative alla compatibilità con gli
altri antiparassitari presenti in commercio e alla fitotossicità specificando in
quale fase fisiologica della pianta non va effettuato il trattamento e su quale
coltura se ne sconsiglia l'uso.
Vengono inoltre riportate in etichetta notizie utili per l'agricoltore relative
a:
– la persistenza agronomica della s.a. intesa come arco temporale in cui la
stessa esplica una efficace attività fitoiatrica;
– la persistenza ambientale, ossia il tempo di permanenza dei principi attivi o
dei suoi metaboliti nel terreno e sui tessuti vegetali, ed i relativi meccanismi
di degradazione (microbiologici, chimici, fotochimici), indicandone altresì la
mobilità e la capacità di percolamento nel suolo;
– la nocività, intesa oltre che per gli effetti sugli organismi utili tipo gli
insetti impollinatori (api, bombus, ecc.) e l'entomofauna antagonista (insetti
utili), anche per la pericolosità che hanno dette sostanze sull'ambiente qualora
pesci, fauna selvatica, animali domestici, venissero esposti alla contaminazione
del fitofarmaco descritto. Le altre notizie importanti presenti sull'etichetta
riguardano:
– l'intervallo di sicurezza o di carenza ossia il periodo di tempo espresso in
giorni di sospensione dei trattamenti necessari affinché si trovino sul raccolto
tracce in ppm di p.a. o suoi metaboliti inferiori al limite di tolleranza;
– le norme per lo smaltimento del prodotto e del suo imballaggio;
– la frase tipo "da non vendersi sfuso".
tratto da:
- Centro Studi per l'Analisi e la
Valutazione del Rischio Alimentare - Roma
- API E FITOFARMACI: UNA CONVIVENZA POSSIBILE, di Marco Accorti - Istituto
Sperimentale di Zoologia Agraria Cascine del Riccio, Firenze.
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