Goteborg 15 giugno 2001
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Sabato 16 Giugno 2001

Al vertice di Goteborg i capi di governo dell’Ue decidono soltanto di continuare i negoziati con i Paesi candidati. Il referendum irlandese ha smorzato gli entusiasmi
L’Europa si “allargherà”. Ma senza scadenze
«Irreversibile» il processo di nuove ammissioni. Germania e Francia rifiutano però date certe 

di ROMANO DAPAS - Il Messaggero

GOTEBORG - Sono tutti d'accordo i premier europei che l'allargamento dell'Unione ai Paesi post-comunisti resta una priorità assoluta. Ma le divergenze esplodono quando i "Quindici" si mettono a discutere tempi e modalità di un processo d'adesione che Silvio Berlusconi, come del resto i suoi colleghi, definisce «storico e irreversibile». E' quel che è successo ieri al "vertice" di Goteborg. Fortunatamente per l'immagine dell'Europa, il confronto non ha assunto i toni drammatici di altre occasioni. Risultato finale, ai primi ministri dei dodici paesi candidati, che parteciperanno stamane ad una colazione di lavoro, verrà assicurato che i negoziati d'adesione devono continuare di buona lena col fervido auspicio di una conclusione positiva entro la fine del 2002. Altro contentino, i paesi che avranno in quel momento le carte in regola potranno partecipare alle elezioni per il rinnovo dell'Europarlamento previste nel 2004 anche in assenza delle ratifiche da parte dei parlamenti nazionali. Nonostante il "forcing" del presidente di turno svedese della Ue, Goran Persson, non verrà invece offerto a Polonia, Ungheria, Slovenia ecc.., quello che sollecitavano, cioè una data precisa. Per il semplice motivo che diversi partner, ed in particolare la Francia e la Germania, si sono opposti alla fissazione di una scadenza che avrebbe condizionato ogni possibilità avvenire di fare marcia indietro anche nel caso di mancato rispetto dei severi criteri richiesti per entrare a far parte del "club" europeo.

Nessun dubbio che il "no" dell'elettorato irlandese al Trattato di Nizza contribuisce all'atteggiamento prudenziale dei responsabili Ue. Anche se il premier di Dublino, Bertie Ahern, ha spiegato che il voto dei suoi connazionali non deve essere interpretato come un segnale contro l'allargamento, appare chiaro che c'è bisogno di una pausa di riflessione per studiare una strategia di rilancio degli ideali europeisti parecchio appassiti. La sollecitano gli irlandesi che si sono riservati di decidere nei prossimi mesi se tenere un nuovo referendum o se chiedere un mini-rinegoziato di Nizza e che denunciano l'esistenza di un forte "gap" tra le istituzioni europe e i suoi cittadini. E che occorra frenare, lo ha implicitamente riconosciuto Romano Prodi quando ha parlato di «brusco declino» del sostegno al progetto europeo da parte delle opinioni pubbliche a causa dei sacrifici economici richiesti dall'allargamento. Secondo il presidente della Commissione europea, fino a pochi giorni fa convinto partigiano di un'accelerazione dei tempi, i negoziati devono tenere il ritmo, ma «c'è ancora molto da fare e bisogna che i paesi candidati rafforzino le loro performance politiche e amministrative». Come al solito decisivi sono stati gli interventi di Gerhard Schroeder, Jacques Chirac e Lionel Jospin. Il cancelliere tedesco ha detto di ritenere che non sia questo il momento giusto per fissare calendari, perché i cittadini europei non appoggiano un processo d'adesione troppo rapido. Per il presidente francese, la data dipenderà dalle conclusioni del negoziato e dalla valutazione che farà il "collegio" di Romano Prodi alla fine del prossimo anno. Jospin ha addirittura definito «non auspicabile» correre più in fretta ed «inopportuna» l'idea di fissare una data che rischia di compromettere la costruzione europea.

A battersi per un impegno vincolante sui tempi dell'allargamento sono stati Goran Persson, Tony Blair, l'olandese Wim Kok e il danese Poul Rasmussen. Lo spagnolo José-Maria Aznar ha preferito glissare, mentre Berlusconi è stato l'unico dei quindici premier a non intervenire su questo tema delicato. Ancora nel pomeriggio, la presidenza svedese sperava di spuntarla, pur ammettendo che non c'era l'unanimità dei consensi. Bocciata su tutta la linea è stata anche la proposta caldeggiata da Persson e da Kok di rinunciare ai periodi transitori di 7 anni durante i quali non sarà consentita la libera circolazione dei lavoratori polacchi e dei nuovi paesi aderenti all'interno dell'Europa allargata. Prima di affrontare a cena i nodi di politica estera (Medio Oriente, Balcani e Macedonia), i capi di Stato e di governo della Ue hanno discusso il documento Prodi sul cosiddetto "sviluppo sostenibile", un insieme di ambiziose iniziative destinate a realizzare un equilibrio tra la crescita economica sostenuta e gli obiettivi del rispetto dell'ambiente e del progresso sociale. Ma il dibattito è stato di breve durata. Col pretesto che il documento era stato presentato meno di un mese fa, i "Quindici" hanno convenuto che fosse troppo presto per pronunciarsi.