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A Bonn, summit sull'effetto serra.
Il funerale di Kyoto?

ma gli esperti dicono:

"If the US does not ratify Kyoto
and the EU and Japan do,
they will gain a competitive advantage
."

BONN
16 - 27 luglio 2001

  Oggetto della Conferenza sul clima è la riduzione delle emissioni di anidride carbonica.Queste emissioni, è stato scientificamente appurato, non sono estranee al progressivo riscaldamento del pianeta, e questo a sua volta non è estraneo al mutamento di clima in atto. Al summit internazionale sui cambiamenti climatici che si tiene a Bonn, gli stati partecipanti tenteranno di ratificare l'accordo di Kyoto, firmato da 160 Paesi ma ratificato soltanto da 30, nessuno dei quali è un Paese industrializzato - che prevede una riduzione media di Co2 nell’atmosfera del 5,2% rispetto ai livelli del 1990, entro il 2012.
Home page - neoliberismo
Although the agreement is only a minimal consensus that wont be enough to stop global climate change, the US and Australia already announced that for economical reasons they have decided not to ratify it, an announcement that was followed by a wave of international protest. 

July 21st, 2001
Thousands of people from all over Europe gather in central Bonn to build a colossal lifeboat. Many are wearing blue clothing, and they have brought their messages and demands to the world leaders on a piece of wood. Using these planks, the participants construct a colossal Lifeboat (by attaching the planks to a prepared skeleton), that eventually will have a length of 30 metres!

L'Australia pianterà 8250 ettari di foreste OGM per assorbire ossido di carbonio dall'atmosfera, in Vietnam. Si aspettano che queste foreste, Eucaliptus a crescita rapida, assorbano 21 500 tonnellate diossido di carbonio, così pensano di evitare le politiche di riduzione degli inquinanti che contribuiscono all'effetto serra del pianeta!
Bel modo di risolvere i problemi.

Le fonti di informazione

 


Alla conferenza dell'Aja il rappresentante degli Usa
s'è beccato una torta in faccia...:o)

The Carbon Dioxide Information Analysis Center,
 which includes the World Data Center
for Atmospheric Trace Gases, is the primary
global-change data and information analysis center
 of the U.S. Department of Energy 

Quelli che fanno resistenza

«Non c’è alternativa, servono tagli più drastici o sarà il disastro»

Sabato 25 Novembre 2000
Corriere della sera
DAL NOSTRO INVIATO


L’AJA - «Qui si sta facendo una fatica enorme per mettersi d’accordo su come ridurre del 5% le emissioni di gas serra, e posso capire che il primo passo verso un nuovo modo di sviluppo è molto difficile. Ma come scienziato devo dire che, se si vorrà stabilizzare il clima e scongiurare le disastrose conseguenze dell’effetto serra provocato dall’uomo, sarà necessario arrivare a tagli drastici, del 60-70%». Il maggior esperto mondiale di cambiamenti climatici, il chimico e fisico dell’atmosfera americano Robert Watson, capo carismatico di un esercito di tremila scienziati riuniti nell’Ipcc, il Comitato intergovernativo sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite, lascia cadere la sua sentenza sul summit mondiale che ha scontentato tutti: politici, scienziati e ambientalisti.
Se l’obiettivo sicurezza del pianeta è così alto, e la fatica per fare il primo passo così enorme, che speranze abbiamo?
«Non è che non abbiamo speranze. Non abbiamo altra via. Dobbiamo percorrere questa strada delle riduzioni progressive. Se, finito il congresso dell’Aja, i Paesi tornano a casa e non ratificano l’accordo, nel giro di pochi anni le emissioni di gas serra saliranno del 10-20% e le conseguenze del cambiamento climatico saranno sempre più gravi. Allora, a questo punto, io dico: facciamolo questo primo passo, non importa se le riduzioni effettive saranno del 5% o del 3% , ma almeno avremo superato lo stallo. E poi i passi successivi saranno più facili».
Lei pensa che i passi successivi saranno più facili perché la responsabilità dell’uomo nel cambiamento climatico sarà sempre più evidente?
«Come ho detto, per noi dell’Ipcc il problema non è più se il clima cambierà a causa delle attività umane. Noi ormai diamo questo fatto per scontato. Ma piuttosto quanto grande e quanto veloce sarà il cambiamento e come si manifesterà nel dettaglio regionale. Per noi è anche chiaro che il cambiamento avrà conseguenze negative in molti settori socio-economici: agricoltura, pesca, risorse di acqua, insediamenti umani, salute, ecosistemi naturali, colpendo più pesantemente i Paesi in via di sviluppo».
Chi vi dà la certezza che la colpa è dell’uomo e non dei fattori naturali che, da sempre, determinano i cambiamenti del clima?
«Dall’inizio dell’era industriale ad oggi le attività umane hanno fatto crescere i livelli dell’anidride carbonica, cioè del principale fra i gas serra, del 33%; quelli del metano del 100%, quelli dell’ossido di azoto del 15%. Oggi nell’atmosfera c’è più anidride carbonica di quanta ve ne sia stata negli ultimi 420.000 anni, come abbiamo stabilito analizzando i campioni di aria fossile prelevati nelle carote di ghiacci. I nostri modelli, che simulano il comportamento dell’atmosfera, ci dicono che questi aumenti sono sufficienti a far crescere le temperature medie e ad alterare il clima, nella misura che effettivamente riscontriamo oggi. Gli stessi modelli escludono che i cambiamenti osservati siano attribuibili a fattori naturali come l’attività solare o quella vulcanica».
E se i governi fossero così ciechi da andare avanti, che succederà al pianeta?
«Per la fine del secolo i livelli di anidride carbonica potrebbero triplicare, le temperature medie aumentare fino a 6 gradi, i processi di evaporazione e di precipitazione diventare più veloci e marcati. Avremmo piogge molto più intense alle alte latitudini boreali, per esempio Nord Stati Uniti e Nord Europa, e siccità in quelle medio-basse, come nel Sud Stati Uniti e Mediterraneo. Il livello dei mari, a seconda dei casi crescerebbe da 20 a 90 cm. La frequenza degli eventi estremi crescerebbe. In una certa misura, alcuni fenomeni avversi di questo tipo si manifestano già ora».
E quando, a un certo punto, i governi cominceranno a fare sul serio con i tagli dei gas serra, saremo ancora in tempo?
«I tempi di persistenza dei gas serra nell’atmosfera sono lunghi, nel caso dell’anidride carbonica, circa un secolo. Più le concentrazioni saranno alte, più tempo ci vorrà per la normalizzazione, non decenni, ma secoli. Quindi, prima si comincia, meglio è. Altrimenti bisogna affrontare gli oneri della mitigazione degli eventi estremi, cosa che i Paesi ricchi oggi possono fare, anche se a caro prezzo; mentre quelli poveri restano completamente esposti».

F.F.M.
Sabato 25 Novembre 2000
Corriere della sera

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