1.
Sono lieto di potervi incontrare, in occasione del Giubileo del mondo agricolo, per questo
momento di ‘festa’ e insieme di riflessione sullo
stato attuale
di questo
importante settore della
vita e
dell’economia e
sulle prospettive
etiche e
sociali che lo riguardano.
Ringrazio
il Signor Cardinale Angelo Sodano, mio Segretario di Stato, per le gentili parole che mi
ha rivolto, facendosi portavoce dei
sentimenti e
delle attese
che animano
tutti i presenti. Saluto con deferenza
le illustri personalità, anche di diversa ispirazione religiosa, che in rappresentanza di
varie Organizzazioni sono questa sera qui presenti per offrirci il contributo della loro
testimonianza.
2.
Il Giubileo dei lavoratori della terra coincide con la tradizionale
"Giornata del
ringraziamento", promossa
in Italia dalla
benemerita Confederazione
dei Coltivatori
Diretti, alla quale
va il
saluto più
cordiale. Tale
"Giornata" è
un forte richiamo ai valori perenni
custoditi dal mondo agricolo e, tra questi, soprattutto al suo spiccato senso religioso.
Ringraziare è dare gloria a Dio che ha creato
la terra e quanto essa produce, a Dio che si è compiaciuto di essa come di
‘cosa buona’ (Gn 1, 12), e l’ha affidata
all’uomo per una saggia e operosa custodia.
A
voi, carissimi uomini del mondo agricolo, è affidato il compito di far fruttificare la
terra. Compito importantissimo, di cui oggi si va riscoprendo sempre più l’urgenza. Il
vostro ambito di lavoro è abitualmente indicato, dalla scienza economica, come ‘settore
primario’. Nello scenario dell’economia mondiale, al confronto con gli altri settori,
il suo spazio si presenta molto differenziato, a seconda dei continenti e delle nazioni.
Ma quale che ne sia il peso in termini economici, il semplice buon senso basta a porne in
rilievo il reale ‘primato’ rispetto alle esigenze vitali dell’uomo. Quando questo
settore è sottovalutato o bistrattato, le conseguenze che ne derivano per la vita, la
salute, l’equilibrio ecologico, sono sempre gravi e, in genere, difficilmente
rimediabili, almeno in tempi brevi.
3.
La Chiesa ha avuto sempre, per questo ambito di lavoro, uno sguardo speciale, che si è
espresso anche in importanti documenti magisteriali. Come dimenticare, a tal proposito, la
Mater et magistra del beato Giovanni XXIII, mio amato predecessore? Egli pose per tempo,
per così dire, ‘il dito sulla piaga’, denunciando i problemi che purtroppo già in
quegli anni facevano dell’agricoltura un ‘settore depresso’, e ciò sia in rapporto
‘all’indice di produttività delle forze di lavoro’ sia ‘al tenore di vita delle
popolazioni agricolo-rurali’ (cfr ivi, nn. 111-112).
Nell’arco
di tempo che va dalla Mater et magistra ai nostri giorni, non si può certo dire che i
problemi siano stati risolti. Si deve, piuttosto, costatare che altri
se ne sono aggiunti, nel quadro delle nuove problematiche derivanti dalla globalizzazione
dell’economia e dall’inasprirsi della ‘questione ecologica’ .
4.
La Chiesa ovviamente non ha soluzioni ‘tecniche’ da proporre. Il suo contributo si
pone al livello della testimonianza evangelica, e s'esprime attraverso la proposta di quei
valori spirituali che danno senso alla vita e orientano le scelte concrete anche sul piano
dell’economia e del lavoro.
Il
primo valore in gioco, quando si guarda alla terra e a quelli che la lavorano, è senza
dubbio il principio che riconduce la terra
al suo
Creatore: la
terra è
di Dio! E', dunque, secondo
la sua
legge che
deve essere
trattata. Se,
rispetto alle
risorse naturali, si è affermata, specie sotto la spinta
dell’industrializzazione, un’irresponsabile cultura del ‘dominio’ con conseguenze
ecologiche devastanti, questo non risponde certo al disegno di Dio. ‘Riempite
la terra, soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo’ (Gn,
1,28). Queste note parole della Genesi
consegnano la terra all’uso, non all’abuso dell’uomo. Esse fanno dell’uomo
non l’arbitro assoluto del governo della terra, ma il ‘collaboratore’ del Creatore:
missione stupenda, ma anche segnata da precisi confini, che non possono essere impunemente
valicati.
E'
un principio
da ricordare
nella stessa
produzione agricola, quando si tratta di promuoverla con l’applicazione di
biotecnologie, che non possono essere valutate solo sulla base di immediati interessi
economici. E' necessario sottoporle previamente ad un rigoroso controllo scientifico ed
etico, per evitare che si risolvano in disastri per la salute dell’uomo e l’avvenire
della terra.
5.
La costitutiva appartenenza della terra a Dio fonda anche il principio, tanto caro alla
dottrina sociale della Chiesa, della destinazione universale
dei beni della
terra (cfr Centesimus annus, 6). Ciò che Dio ha donato all’uomo, lo ha donato con cuore
di Padre, che si prende cura dei suoi figli, nessuno escluso. La terra di Dio è dunque
anche la terra dell’uomo, e di tutti gli uomini! Questo non implica certo
l’illegittimità del diritto di proprietà, ma ne esige una concezione, e una
conseguente regolazione, che ne salvaguardino e ne promuovano l'intrinseca ‘funzione
sociale’ (cfr Mater et magistra 106; Populorum progressio, n. 23)
Ogni
uomo, ogni
popolo, ha
diritto a
vivere dei
frutti della terra. È uno scandalo intollerabile, all’inizio del nuovo
Millennio, che moltissime persone siano ancora ridotte alla fame e vivano in condizioni
indegne dell’uomo. Non possiamo più limitarci a riflessioni accademiche: occorre
rimuovere questa vergogna dall’umanità con appropriate scelte politiche ed economiche
di respiro planetario. Come ho scritto nel Messaggio al Direttore Generale
della FAO in occasione della Giornata Mondiale dell'Alimentazione, occorre ‘estirpare
alla radice le male piante che producono fame e denutrizione’ (cfr L’Osservatore
Romano, 18 ottobre 2000, p.5). Le cause di tale situazione, com’è noto, sono
molteplici. Tra le più assurde vi sono i frequenti conflitti
interni agli
Stati, spesso vere guerre dei poveri. Resta poi la pesante eredità di una spesso
iniqua distribuzione della ricchezza, all’interno delle singole nazioni e a livello
mondiale.
6.
Si tratta di un aspetto, al quale proprio la celebrazione del Giubileo ci fa portare
speciale attenzione. L’istituzione originaria del Giubileo, infatti, nel suo disegno
biblico, era orientata a ristabilire l’uguaglianza tra i figli d'Israele anche
attraverso la restituzione dei beni, perché i più poveri potessero risollevarsi, e tutti
potessero sperimentare, anche sul piano di una vita dignitosa, la gioia di appartenere
all’unico popolo di Dio.
Il
nostro Giubileo, a duemila anni dalla nascita di Cristo, non può non portare anche questo
segno di fraternità universale. Esso costituisce un messaggio rivolto non solo ai
credenti, ma anche a tutti gli uomini di buona volontà, perché
ci si risolva ad abbandonare, nelle scelte economiche, la logica del puro tornaconto per
coniugare il legittimo ‘profitto’ con il valore e la pratica della solidarietà.
Occorre, come ho detto in altre occasioni, una
globalizzazione della solidarietà, la quale suppone a sua volta una ‘cultura
della solidarietà’, che deve fiorire nell’animo di ciascuno.
7.
Mentre dunque non cessiamo di sollecitare in questa direzione i pubblici poteri, le grandi
forze economiche, e le istituzioni più influenti, dobbiamo essere convinti che c’è
una ‘conversione’ che ci riguarda tutti personalmente. E' da noi stessi che
dobbiamo cominciare. Per questo, nell’Enciclica Centesimus annus, accanto ai temi
dibattuti dalla problematica ecologica, ho additato l’urgenza di una ‘ecologia
umana’. Con questo concetto si vuol ricordare che ‘non solo la terra è stata data da
Dio all’uomo, che deve usarla rispettando l’intenzione originaria di bene, secondo la
quale gli è stata donata; ma l’uomo è donato a se stesso da Dio e deve, perciò,
rispettare la struttura naturale e morale, di cui è stato dotato’ (Centesimus annus,
38). Se l’uomo perde il senso della vita e la sicurezza degli orientamenti morali
smarrendosi nelle nebbie dell’indifferentismo, nessuna politica potrà essere efficace
nel salvaguardare congiuntamente le ragioni della natura e quelle della società. E'
l’uomo, infatti, che può costruire e distruggere, può rispettare e disprezzare, può
condividere o rifiutare. Anche i grandi problemi posti dal settore agricolo, in cui voi
siete direttamente impegnati, vanno affrontati non solo come problemi ‘tecnici’ o
‘politici’, ma, in radice, come ‘problemi morali’.
8.
E', pertanto,
responsabilità ineludibile
di quanti
operano col nome di cristiani, dare anche in questo ambito una testimonianza
credibile. Purtroppo nei Paesi del mondo cosiddetto ‘sviluppato’ si va espandendo
un consumismo irrazionale, una sorta di
"cultura dello
spreco", che
diventa un
diffuso stile di
vita. Occorre
contrastare questa
tendenza. Educare
ad un uso dei beni che non dimentichi
mai né i limiti delle risorse disponibili, né
la condizione
di penuria
di tanti
esseri umani, e che conseguentemente
pieghi lo stile di vita al dovere della condivisione fraterna, è una vera sfida
pedagogica e una scelta di
grande lungimiranza.
Il mondo
dei lavoratori
della terra,
con la sua tradizione di sobrietà, con il patrimonio di saggezza
accumulato anche
tra tante
sofferenze, può
dare in questo un contributo
impareggiabile.
9.
Vi sono perciò vivamente grato per questa testimonianza ‘giubilare’,
che addita
all’attenzione di
tutta la
comunità cristiana e
dell'intera società
i grandi
valori di
cui il
mondo agricolo è portatore. Camminate nel solco della vostra migliore tradizione,
aprendovi a
tutti gli
sviluppi significativi
dell’era tecnologica, ma conservando gelosamente i valori perenni che vi
contraddistinguono. È questa la via per dare anche al mondo agricolo
un futuro
di speranza.
Una speranza
fondata sull’opera di
Dio, che
il Salmista
canta così: ‘Tu visiti la terra e
la disseti, la ricolmi delle tue ricchezze’ (Sal 65,10).
Nell’invocare
questa visita
di Dio,
sorgente di
prosperità e di pace per le innumerevoli famiglie operanti nel mondo rurale, tutti
benedico di cuore.
pagina
del sito del Vaticano