TRANSGENICO?
Prima di tutto fa male alla terra!
Tratto da:
Erboristeria Domani - Marzo 2000
Il professor Luciano Pecchiai è un nome familiare ai più antichi lettori di Erboristeria Domani, che ha ospitato nei primi anni di vita i risultati di sue ricerche (fra cui quelle pioneristiche sulla propoli in campo agronomico), interventi e prese di posizione in nome dell'eubiotica. Il suo impegno contro gli OGM negli ultimi mesi ha trovato ascolto sulle più diverse tribune.
E' ancora tutta da scrivere la mappa dei rischi per la salute umana: minimizzati, in mancanza di test epidemiologici, dell'industria che preme per la diffusione dei GMO. Ma esistono già evidenze scientifiche che la diffusione di piante transgeniche può causare un turbamento dell'ecosistema agronomico. La critica eubiotica agli alimenti transgenici, dopo il summit di Montreal.
Dal summit di Montreal alle pagine di Erboristeria Domani. Dalla ribalta mondiale dei media alla piccola tribuna di una rivista professionale. Con la convinzione, peraltro, che il nostro interlocutore è (o dovrebbe essere) una delle figure più sensibili e attente ad approfondire tutte le tematiche che riguardano la produzione di OGM, organismi geneticamente modificati.
Da un lato l'erborista conosce bene le logiche di una produzione (quella farmaceutica) che vive sulla modificazione del dato naturale per ottimizzare rese ed efficacia; dall' altro ha fondato le fortune della sua professione, e la sua credibilità presso i consumatori, sulla fedeltà al concetto di naturale. Apriamo la discussione sul tema OGM ospitando l'opinione appassionatamente contraria del professor Luciano Pecchiai, pediatra di grande notorietà e scienziato da sempre sostenitore di una alimentazione e di una cultura "eubiotica". Ci auguriamo che sia stimolo per altri interventi. E registriamo nel frattempo, cronaca di questi giorni, il primo intervento istituzionale (Regione Marche) che, nel senso auspicato da Peccchiai, vieta per legge gli alimenti transgenici nelle mense pubbliche delle scuole, degli ospedali e nei luoghi di cura.
Gli Stati Uniti insieme al cosiddetto "gruppo di Miami"(Canadà, Australia, Argentina, Cile e Uruguay), affiancati dalla Cina e dal Giappone, non sono riusciti nel summit di Montreal conclusosi il 30 gennaio 2000 a imporre alle Nazioni Europee e a quelle in via di sviluppo il via libera alla importazione e commercializzazione degli alimenti transgenici.
Gli Stati Uniti, avendo ottenuto l'approvazione del transgenico dalla Food and Drug Administration (che si è accontentata delle valutazioni fornite dalle multinazionali), affermavano il principio che per potersi opporre all'importazione degli alimenti transgenici fosse necessario fornire la certezza scientifica di un'azione dannosa di questi prodotti per l'ambiente e la salute, non ritenendo sufficienti dubbi e sospetti.
Così come in un processo dieci indizi non costituiscono una prova, anche per il transgenico - questo il loro assunto - dieci dubbi non rappresentano una certezza. Quindi, per chiudere le porte al transgenico le Nazioni europee avrebbero dovuto fornire la prova della dannosità per l'ambiente e la salute.
Fortunatamente al summit di Montreal 132 Paesi, sotto l'egida della Nazioni Unite, sono riusciti faticosamente a formalizzare il protocollo d'intesa sia pure provvisorio, della durata di due anni.
Questo protocollo contiene due punti fondamentali: 1) Gli esportatori di cibo transgenico sono obbligati a specificare sulle etichette che il prodotto "può contenere organismi geneticamente modificati". 2) I Governi dei singoli Paesi potranno fare la scelta politica di opporsi all'importazione dei prodotti geneticamente modificati (Ogm).
Per questa opposizione è sufficiente che sui prodotti vi sia un fondato dubbio di una dannosità per l'ambiente e la salute ("principio di precauzione"), non considerando sufficienti le prove sulla loro sicurezza fornite dalle multinazionali.
E' evidente che aver ottenuto una moratoria di due anni è molto importante, ma due anni passano presto e se entro questo periodo non verrà dimostrata una grave carenza della documentazione fornita dalle multinazionali, contrapponendogli con certezza scientifica inoppugnabile che il transgenico è dannoso per l'ambiente e la salute, la diga eretta in Europa contro il trasgenico franerà per l'insipienza scientifica di chi lo avversa.
Le istituzioni di fronte al transgenico
Fermo restando questo impegno entro i prossimi due anni, suscita però meraviglia il fatto che, almeno in base alle notizie diffuse dai media, il Governo italiano non ha ancora preso posizione formale nel vietare l'importazione degli alimenti transgenici e in generale dei prodotti che possono contenere organismi geneticamente modificati.
E' infatti importante che una decisione per la salvaguardia della salute attraverso la qualità della salute dell'alimentazione coinvolga non soltanto i singoli cittadini ma anche le Istituzioni, tanto più quando gestiscono in proprio o con appalti servizi quali le mense scolastiche e ospedaliere.
Sarebbe fondamentale che nel capitolato di fornitura dei cibi siano esplicitamente esclusi gli alimenti transgenici. In carenza di questa precisazione l'uso del transgenico può essere dato per scontato.
E' doveroso precisare che recentemente (26 maggio 1999), con un Decreto Presidenziale (128/99) è stata data attuazione ad alcune Direttive Comunitarie in materia di alimenti a base di cereali e altri prodotti destinati a bambini o lattanti. Più precisamente, negli alimenti destinati ai lattanti fino a 12 mesi di età e ai bambini fino a 3 anni è vietato l'uso di prodotti transgenici. A questo punto sarebbe ovvio che il Ministero della Sanità e gli Assessori alla Sanità delle Regioni dovrebbero coinvolgersi a salvaguardia della salute dei bambini, anche dopo che hanno compiuto i 3 anni di vita, e quindi disporre affinche gli alimenti transgenici siano esclusi nelle mense delle scuole dell'obbligo oltre che dalla scuola materna.
Questa esclusione dovrebbe essere estesa alle mense ospedaliere. Sarebbe infatti assurdo che un cittadino escludesse responsabilmente gli alimenti transgenici a casa propria, ma fosse poi costretto ad assumerli, lui o i suoi figli, in occasione di un ricovero.
Finora le decisioni del Ministero della Sanità erano in parte vincolate alla scelta europea di accettare la commercializzazione del mais e della soia transgeniche con i loro derivati. Ma ora, dopo il summit di Montreal, il governo italiano ha la possibilità di vietare l'importazione e la commercializzazione degli alimenti transgenici e quindi il loro uso nelle mense delle scuole dell'obbligo e degli ospedali, semplicemente esprimendo un fondato dubbio sulla pericolosità per l'ambiente e la salute. Opporsi al transgenico scegliendo il prodotto biologico (in quanto palesemente non transgenico) dovrebbe diventare una scelta, non l'unica possibilità.
E infine un'ultima considerazione, che coinvolge le Istituzioni. E' ben noto che per immettere in commercio un nuovo anticrittogamico e antiparassitario o un nuovo farmaco si deve ottenere l'autorizzazione da parte del ministero della Sanità, dopo aver dimostrato la non dannosità per l'ambiente, gli animali e l'uomo. Ora, se è palese che le multinazionali hanno trasformato il mais e la patata - transgenici - in un pesticida contro i lepidotteri e i coleotteri, l'uso di questo prodotto biocida non dovrebbe essere autorizzato dal ministero della Sanità, dopo dimostrazione di non dannosità per l'ambiente (e non soltanto dal ministero per le Risorse Agricole in quanto prodotto transgenico)?
Proposta di un progetto operativo
Gli avversari del transgenico hanno quindi l'onere di fornire al Governo (Presidenza del Consiglio, ministero per le Risorse Agricole e ministero della Sanità) gli elementi in base ai quali ci si possa opporre entro i prossimi due anni alla produzione e commercio dei prodotti transgenici, da un punto di vista scientifico e non soltanto ideologico. Come arrivarci?
E' innanzitutto necessario smettere di fondare l'opposizione al transgenico limitandosi ad enfatizzare - sulla scia dell'impegno di personalità quali il premio Nobel Dario Fo o l'economista statunitense Jeremy Rifkin - i più diversi rischi, come la comparsa di microorganismi antibiotico-resistenti o di erbe infestanti resistenti agli erbicidi, la morte della farfalla monarca, la diffusione di pollini e semi transgenici, o le prevedibili mutazioni degli agenti patogeni che, prima o poi, riusciranno a prevalere sui vegetali transgenici, nonostante la manipolazione genetica.
Lo stesso dicasi per le critiche nei confronti delle aberrazioni delle manipolazioni genetiche, come l'incrocio tra il pomodoro e la sogliola artica, o tra il pollo e la patata, o tra la lucciola e il mais, o tra il kiwi e il baco da seta e così via. Limitarsi a definire tutto questo una follia rischia di portare a una sterile protesta.
L'azione dei difensori del naturale dovrebbe a mio avviso seguire queste due vie:
a) ricordare alla comunità scientifica, alle istituzioni e ai partiti politici alcuni dati di fatto sul transgenico che, pur essendo inoppugnabili, sono stati dimenticati, trascurati, o male interpretati per ciò che riguarda i danni sia per l'ambiente che per la salute;
b) formalizzare protocolli di ricerca da proporre alle istituzioni per dimostrare una volta per tutte, in modo scientificamente certo, che il transgenico è dannoso per l'ambiente e la salute, sia degli animali che dell'uomo.
Transgenico e turbamento dell'ecosistema agronomico
L'interrogativo è molto semplice: tenendo conto della correlazione tra il terreno, l'apparato radicale della pianta, la rizosfera e le micorrize, la presenza di piante transgeniche può essere turbativa per l'ecosistema agronomico? La risposta è affermativa e fondata almeno sui due seguenti dati di fatto.
a) Fin dal 1998 ricercatori francesi dell'istituto di scienze vegetali del Centro Nazionale di ricerche scientifiche (CNRS), dopo una ricerca durata 6 anni, hanno dimostrato una modificazione della componente batterica del terreno circostante la coltivazione della forma transgenica del ginestrino.
L'interesse di questa ricerca sta nel fatto che il ginestrino transgenico in quanto pianta leguminosa arricchisce il terreno di sostanze azotate, le opine, fissando l'azoto atmosferico, ma questo arricchimento si è rivelato transitorio, finendo infatti per suscitare una moltiplicazione addirittura esplosiva di una flora batterica che degrada le opine. Una volta completata la degradazione questa flora batterica si estingue.
Questa estinzione è stata vista come tutela del rischio che il transgenico potesse scatenare una flora batterica abnorme in grado di degradare l'azoto atmosferico fissato dalle leguminose. La conclusione fondamentale che se ne deve invece ricavare è che la fissazione dell'azoto atmosferico da parte del ginestrino transgenico produce una sostanza azotata abnorme, tanto che il terreno la elimina con la sua flora batterica.
Sarebbe quindi evidentemente inopportuno elevare con tecnica transgenica la capacità di fissare l'azoto atmosferico anche da parte di specie quali il trifoglio, l'erba medica, il favetto o la lupinella.
b) Il Prof. Guenther Stotzky, biologo dell'Università di New York ha dimostrato (come riportato nella prestigiosa rivista Nature) che il mais transgenico produce sì la tossina del Bacillus Thuringensis che lo difende dalla piralide: ma attraverso le radici della pianta questa tossina penetra nel terreno avvelenandolo.
E' da rilevare che un gene del Bacillus Thuringensis è stato introdotto, oltre che nel mais, anche in altri vegetali come ad esempio la patata (La New Leaf Superior prodotta dalla Monsanto), per difenderla dalla Dorifera, che è un Coleottero. E la stessa cosa può essere fatta ovviamente nei confronti dei cavoli e delle verze per difenderli da un altro lepidottero, la cavolaia (Pteris brassicae). Ma anche queste piante avvelenano il terreno con la tossina del Bacillus Thuringensis.
E' evidente che i risultati della ricerca condotta sul mais sono paradigmatici e quindi trasferibili a tutti i vegetali transgenici. Tanto per fare un esempio, l'aver introdotto nel riso un gene dello scorpione per renderlo resistente ad alcuni parassiti avrà come conseguenza di avvelenare il territorio delle risaie con la tossina dello scorpione.
Ogni commento sembra superfluo. E vorrei aggiungere che non sono state assolutamente studiate le eventuali ripercussioni negative nei confronti della rizosfera e delle micorrize. E non sono nemmeno state studiate le eventuali ripercussioni negative (leggi: presenza, al pari dei pesticidi, delle tossine del Bacillus Thuringensis e dello scorpione) nei confronti delle erbe spontanee e dei funghi che crescono nell'ambito delle coltivazioni transgeniche.
Inoltre non sono state ricercate le eventuali interferenze negative nei confronti di vegetali seminati in terreni precedentemente coltivati con mais transgenico e quindi avvelenati con la tossina del Bacillus Thuringensis, che potrebbe essere dannoso anche nei confronti di insetti utili.
Transgenico, fattore di squilibrio biologico del vegetale
Stando almeno ai dati disponnibili, da parte di chi ha attuato la manipolazione genetica è mancata - per superficialità se non per altro - la verifica sull'eventualità che l'inserimento di un gene con le più diverse finalità (resistenza ad agenti patogeni, a erbicidi, a particolari situazioni climatiche,…) possa indurre uno squilibrio biologico nelle piante.
E' noto che l'eubiosi delle cellule è fondata sull'equilibrio tra il DNA nucleare e il DNA dei mitocondri e cloroplasti citoplasmatici, che presiedono a tutte le attività metaboliche della cellula.
Poiché la manipolazione genetica interviene sul DNA nucleare si dovrebbero verificare modificazioni del DNA mitocondriale per attuare un nuovo equilibrio.
Transgenico e interferenza nel pluralismo delle difese
Poiché il vegetale subisce l'attacco di vari fattori patogeni (batteri, miceti e virus) e di vari insetti, l'insermento genetico di un fattore di difesa nei confronti di un solo patogeno (la dorifera per la patata, la piralide per il mais, la cavolaia per i cavoli,…) potrà indurre uno squilibrio nel pluralismo delle difese nei confronti di altri patogeni emergenti o opportunisti, che potrebbero prendere il sopravvento, creando un danno ancora maggiore rispetto a quello provocato dal patogeno che da sempre insidia quel vegetale.
A questo proposito si deve meditare sul fatto che il sistematico uso di anticrittogamici e antiparassitari sta provocando lo scatenamento, oltre che il virus, anche di patogeni sostanzialmente nuovi, come micoplasmi e prioni.
Valga come esempio il dilagare di un micoplasma che provoca la "Flavescenza dorata" che colpisce la vite. E' una patologia che si trasmette con l'innesto e tramite un insetto vettore, lo Scaphoideus titanus, che succhiando la linfa di piante malate trasmette il fitoplasma alle piante sane.
Analogamente se si rendesse resistente il pesco alla "bolla" la pianta resterebbe indifesa nei confronti di altri patogeni, come ad esempio l'Agrobacterium che provoca micidiali tumori all'apparato radicale. E questo vale per tutti i vegetali le cui patologie principali la manipolazione genetica ha preteso di risolvere.
E' evidente che l'unica vera via da seguire è il potenziamento delle difese naturali della pianta.
La proposta eubiotica alternativa alle biotecnologie
Seguendo questa via, la ricerca eubiotica propone, come esemplificazione, una alternativa alla manipolazione genetica del mais e della patata con la tossina del Bacillus Thuringensis.
La ricerca eubiotica ritiene di aver individuato nell'incenso in associazione alla propoli, per impolveramento insieme allo zolfo e sotto forma di estratti per irrorazione, un fattore di difesa contro i lepidotteri e i coleotteri patogeni. Una ricerca, a carattere sperimentale pilota, si è chiusa con risultati significativi.
Quest'anno sarà attuata in forma più estesa. Se i risultati saranno confermati l'alternativa al transgenico sarà palese: anziché agire in senso tossico e occlusivo nei confronti della Piralide e della Dorifera, si tratta di rendere resistenti il mais e la patata a questi patogeni, senza modificare la loro naturalità. Insomma, non vi sarebbe più bisogno dell'intervento transgenico per difendere il mais dalla Piralide e la patata dalla Dorifera.
Ripercussioni negative per la salute
1) Allergie e intolleranze
Sul rischio delle intolleranze sono d'accordo tutti, anche i fautori del transgenico che, ovviamente,lo considerano irrilevante e comunque facilmente dominabile con un trattamento farmacologico. Gli avversari del transgenico fanno notare che assumendo un gran numero di alimenti geneticamente modificati le intolleranze di assommeranno. Naturalmente, mentre una allergia insorge solitamente in tempo breve, l'intolleranza nei confronti di un alimento nuovo richiede un certo tempo per comparire. Tanto per fare un esempio, sta insorgendo ora dopo parecchi anni una intolleranza al kiwi, al mango e alla papaia.
Per acclarare, da un punto di vista sperimentale, una eventuale insorgenza di intolleranze o di altre patologie si dovrebbe prolungare la ricerca per tre generazioni (con l'osservazione quindi anche di tre gravidanze e tre fasi embrionali e fetali). Non mi risulta che questo test (familiarmente noto come "il test del nonno") sia mai stato attuato.
Ma la carenza più grave nei confronti delle ricerche sulle intolleranze alimentari da organismi geneticamente modificati è quella rappresentata dalle intolleranze al glutine del frumento, che caratterizza i soggetti affetti da morbo celiaco.
E' noto che questa intolleranza si presentava alcuni decenni fa in un caso ogni 1000-2000 nati: oggi l'incidenza si è elevata sino a 100-150 nati e continua ad aumentare.
Stranamente nessuno ha correlato l'incremento dell'incidenza della celiachia alla modificazione genetica del farro antico nel farro moderno e poi del frumento con un numero via via sempre più elevato di cromosomi fino all'ultima modificazione genetica del frumento nanizzato. E' venuto il momento di affrontare questo problema senza attendere che tutti i bambini nascano con l'intolleranza al glutine, tanto più quanto verrà realizzato un frumento transgenico.
2) Modificazioni del DNA mitocondriale di animali e uomini che si nutrono con cibi transgenici.
Mentre una mutazione del DNA nucleare è certamente difficile da ottenere, potrebbe essere più facile l'insorgenza di una mutazione del DNA mitocondriale di animali che si alimentano con mangime transgenico, da investigare attuando possibilmente il "test del nonno" di cui sopra. Nel caso degli umani la ricerca potrebbe essere attuata su soggetti statunitensi, che ormai da dieci anni assumono alimenti transgenici. Ritengo che anche questa ricerca non sia mai stata compiuta.
3) Azione dannosa del Bacillus Thuringensis.
E' noto che la tossicità della tossina del Bacillus Thuringensis prodotto dal mais o dalle patate transgeniche si manifesta nell'ambiente alcalino dell'apparato digerente di lepidotteri (piralide) o coleotteri (dorifera). L'azione dannosa non si manifesterebbe invece se la tossina viene assunta da animali superiori come i mammiferi e l'uomo, perché l'ambiente del loro stomaco è acido.
Ma la protezione dell'acidità dello stomaco nei confronti della tossina varrebbe soltanto per i soggetti normali. Potrebbero invece subire danno i soggetti che soffrono di ipocloridria con metaplasia intestinale della mucosa gastrica, spesso correlata a eccessivo consumo di bicarbonato di sodio, che induce un ambiente alcalino.
Non mi risulta che questa eventualità - con le conseguenti responsabilità del risarcimento del danno correlato all'intossicazione - sia stata considerata.
4) Interferenza negativa degli alimenti antitransgenici sull'accrescimento, la vitalità, la fertilità.
E' noto che una gran parte dei prodotti alimentari vegetali (mandarini, arancie, uva, melanzane, meloni senza semi o resi sterili con un fattore di sterilità) o animali (ad esempio: orate, trote salmoni) sono per l'appunto sterili. Altri interventi hanno portato al gigantismo di alcuni animali da carne, o all'opposto alla nanizzazione, come nel caso del maiale.
Inoltre, sia in campo vegetale che animale è stata indotta una accelerazione della crescita per avere prodotti in commercio in tempi più brevi di quelli della natura. Ora si sta sperimentando per accelerare anche negli animali il tempo di gestazione, cioè la crescita embrionale e fetale, col progetto di trasferirlo in campo umano per alleviare la donna dal peso dei nove mesi di gravidanza. Tutti processi, quelli legati a un accrescimento correlato al transgenico, che se subissero una deviazione potrebbero dare il via a fenomeni iperplastici, displastici ed eteroplastici.
Ma è ancor più grave che i cultori del transgenico non si siano resi conto che, così come la vita si alimenta con la vita, una alimentazione a base di alimenti sterilizzati e ora geneticamente sterili riduce la vitalità e la fertilità: fenomeno riscontrabile anche a livello di coppia.
Come tutelare il consumatore?
Poiché e probabile che nonostate tutto il transgenico entrerà nelle nostre mense, aggirando la trasparenza dell'etichettatura, è importante che il cittadino sia tutelato nei confronti dei danni che nel futuro potranno comparire. Fino a quando non sarà dimosrato che il transgenico è esente da rischi per la salute, la società dovrebbe tutelarsi almeno con una di queste due alternative.
1) Imporre sulle confezioni degli alimenti transgenici la dizione: "Possibile rischio di intolleranza".
2) Imporre per legge, se si volessero evitare le ovvie ripercussioni psicologiche negative di una tale dizione, che la concessone dei brevetti e la messa in commercio dei prodotti transgenici siano condizionate a una copertura assicurativa per far fronte ai danni, quando fossero dimostrati, anche dopo l'avvenuta concessione con autorizzazione dell'Autorità sanitaria.
Bibliografia:
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Principii di agricoltura naturale eubiotica,
Il Girasole, Vol. II n. 2, 1979.
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Difesa eutrofica dei vegetali contro i microorganismi patogeni e i parassiti con il propoli,
Erboristeia Domani 1, 1980.
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Il propoli in campo agronomico,
Atti del convegno Internaz. di Apicoltura, Lazise 2-4 ottobre 1981, Studio Edizioni Milano.
-
Curarsi con la propoli,
Dimensione natura, luglio 1995.
-
Alla riscoperta dell'incenso,
Dimensione Natura, dicembre 1995.
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Propoli e incenso per la difesa contro la patologia crittogamica e parassitaria,
Convegno "Agricoltura biologica: Esperienze e prospettive" 10 dic. 1997, Atti Accademia Agraria Pesaro - Vol. 29, 1997.
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Luci e ombre sugli xenotrapianti, cioè i trapianti di organi animali,
Azione, 3 luglio 1997 - Lugano (CH).
-
Gli alimenti transgenici rischio per la salute secondo la medicina eubiotica.
Atti della 2° Conferenza Internazionale di Antropologia e Storia della Salute e della
malattia, Genova 2-5 aprile 1998.
-
Ingegneria genetica. Una proposta diversa,
Azione, 25 giugno 1998, Lugano (CH).
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Biotecnologie: la manipolazione genetica del cibo, rischio per la salute,
Il Giornale della Natura, n. 123, maggio 1999.
-
Alimenti transgenici: come dimostrarne la dannosità,
Azione, 21 luglio 1999, Lugano (CH).
-
Alimenti transgenici: rischio per la salute individuale e sociale,
Les Nouvelles Esthetiques, Ago. - Sett. 1999.
Alimenti transgenici: quali rischi per la salute, Convegno: "Cosa ci portano i cibi transgenici? Pro e contro a
confronto, Alba (Cn), 26 Nov. 1999.
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A proposito dei rischi degli alimenti transgenici, un'Europa che fonda molto sull'economia e poco sulla ricerca,
Notiziario Cominità Europea dei Giornalisti, lug. - dic. 1999.
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