IL CASO DELLA “MUCCA
PAZZA” (BSE)
di Dr. Enrico
Moriconi *
Nel 1985 si conosce
una nuova malattia dei bovini, Encefalopatia Spongiforme Bovina che nel 1996 si ammette
possa contagiare le persone. E’ l’esplosione del caso “mucca pazza”. Entro
breve tempo viene confermato che la catena del contagio si era sviluppata a partire dalle
pecore arrivando quindi ai bovini per la sottovalutazione del problema sanitario ed
infine, agli uomini. Naturalmente, loro malgrado e sempre per colpa degli errori umani,
altri animali sono stati colpiti lungo il percorso, gatti, gazzelle di un zooparco
inglese, visoni di allevamento. La
dimostrazione che il morbo del bovino è lo stesso che causa la forma anomala dell’uomo,
rispetto a quella tradizionale, di Creuztfeld-Jacobs, permette di fare delle previsioni
epidemiologiche su quello che ci si può aspettare nel futuro (e che pochi hanno il
coraggio di dire). Se, come riportato dai giornali (La Stampa del 24/3/1996), sono stati
mangiati oltre 1 milione di bovini infetti e considerato il fatto che la frequenza di
esposizione è alta, poiché ci sono molte persone che mangiano carne anche due volte al
giorno, ci si deve preparare ad una vera epidemia.
Come pubblicato dalla Rivista “Nature” (La Repubblica del 16/1/1997) uno studio
elaborato dal Dipartimento di Epidemiologia e Scienza delle popolazioni dell’Università
di Igiene e medicina tropicale di Londra, in collaborazione con l’Unità Nazionale di
sorveglianza sulla malattia di Creutzfeldt-Jacobs, di Edimburgo, ha calcolato che si
possono fare previsioni di 80 mila casi possibili nell’uomo all’anno. Invitando nel
contempo a non credere che, poiché finora si sono avuti pochi casi di malattia, le
dimensioni finali dell’epidemia debbano essere necessariamente limitate. Anche perché
non si fa in tempo a ragionare su di una quantità numerica che essa viene subito
aumentata, come dimostrano le notizie pubblicate il 14 febbraio del 1998 e che aumenta il
numero delle potenziali vittime a 230.000 (quasi 3 volte di più !)
LE MISURE IN
ATTO
Per tutti i
bovini, di qualunque paese,divieto
di utilizzazione di alcuni tessuti definiti “MRS, Materiali a rischio specifico” ,
cioè cranio compreso cervello e occhi, amigdale e midollo spinale di bovini, ovini e
caprini di età superiore ai 12 mesi e di milza di ovini e caprini di tutte le età. Gli
MRS devono essere inceneriti oppure, in circostanze eccezionali, interrati. Il
principio di tutte le misure adottate è stato quello di impedire la commercializzazione
di animali infetti e di farine a rischio. L’effettiva efficacia delle misure è tutta da
valutare se, come vedremo, nel tempo si sono avuti molteplici esempi di non rispetto delle
norme di tutela. Gli errori
commessi, come rilevato anche dalla Commissione europea e di cui si parlerà in seguito,
si possono così riassumere:
-
si è dato troppo
peso alla politica economica e commerciale rispetto a quella sanitaria, intesa come tutela
della salute dei consumatori. Dopo il manifestarsi della malattia, questa è stata
affrontata troppo blandamente e si è sottovalutato il pericolo per gli uomini;
-
si è permessa la
produzione e la somministrazione di farine di carne ai bovini, con l’esclusione
unicamente di quelle prodotte da altri ruminanti, senza accorgersi però che
analiticamente non era, e non è, possibile riconoscere quelle di ruminanti da quelle
ottenute da altri animali. Solo nel 1997 si sono finalmente proibite tutte le farine di
animali per i ruminanti;
-
non ci si è curati
di far rispettare le regole dell’embargo;
-
si è dato spazio
solo alla ricerca ufficiale, quella che ha sempre minimizzato il rischio per l’uomo,
proprio per non spaventare i consumatori e creare problemi al mercato.
PUNTI CRITICI
-
Il fattore
economico. La vicenda ha dimostrato come in tutti i campi siano ancora preminenti i
fattori economici rispetto agli altri, anche quelli sanitari. L’analisi della vicenda,
quale si riassume nelle pagine precedenti dimostra chiaramente questa affermazione che
viene giustificata dai seguenti punti riassuntivi:
-
non si è informata
la popolazione europea sull’entità reale del pericolo.
-
si
è dato troppo peso alla politica economica e commerciale rispetto a quella sanitaria,
intesa come tutela della salute dei consumatori
-
dopo il manifestarsi della
malattia, questa è stata affrontata troppo blandamente e si è sottovalutato il pericolo
per gli uomini.
-
Si è permessa la
produzione e la somministrazione di farine di carne ai bovini, con l’esclusione
unicamente di quelle prodotte da altri ruminanti, senza accorgersi però che
analiticamente non era, e non è, possibile riconoscere quelle di ruminanti da quelle
ottenute da altri animali. Solo nel 1997 si sono finalmente proibite tutte le farine di
animali per i ruminanti.
-
Non ci si è curati
di far rispettare le regole dell’embargo.
-
si è dato spazio
solo alla ricerca ufficiale, quella che ha sempre minimizzato il rischio per l’uomo,
proprio per non spaventare i consumatori e creare problemi al mercato
-
La
disinformazione. Le
informazioni ufficiali hanno privilegiato le versioni più tranquillizzanti sia che si
parlasse della possibile trasmissione all’uomo sia delle difficoltà e dei problemi dei
controlli.
-
La diagnosi.
Negli animali si effettua solo la diagnosi su quelli morti, ma non è possibile
effettuarla su tutti i soggetti. Molto più grave è che non siano stati sviluppati altri
sistemi diagnostici precoci validi in vita così da poter eseguire uno screening sugli
animali a rischio. Per questo motivo non si può dire con precisione quanto la malattia
sia veramente diffusa nella popolazione animale e calcolare il rischio effettivo per l’uomo.
Se, come riportato dai giornali (La Stampa del 24/3/1996), sono stati mangiati oltre 1
milione di bovini infetti e considerato il fatto che la frequenza di esposizione è alta,
poiché ci sono molte persone che mangiano carne anche due volte al giorno, ci si deve
preparare ad una vera epidemia. Al momento attuale da una prima stima di 80.00 possibili
vittime umane nel futuro si è già arrivati ad aumentare tale proiezione a 230.000 .
-
I commerci.
Il grande traffico di animali, il notevole valore economico del settore ( 26 mila miliardi
l’anno è la stima del prodotto lordo vendibile in Italia) rende prevalenti le ragioni
commerciali-produttive a scapito di quelle legate alla tutela della salute dei cittadini.
Si conoscono molti casi di attività illegali in questo campo e si può francamente
supporre che molte rimangano oscure.
-
Controlli
insufficienti. Poichè
tutta la prevenzione umana si basa sull’attività di vigilanza che deve impedire il
contatto per gli umani con carni a rischio, questo è punto molto critico in quanto i
controlli sono difficili perchè il settore è proteiforme, invaso dall’illegalità e da
speculatori di basso profilo, dominato da una confusione spesso creata ad arte dagli
stessi operatori. Di conseguenza , come rilevato dalla Relazione della Commissione
Europea, spesso la rete di controlli europea sembra rispondere più ad una esigenza di
forma che a quella di sicurezza della popolazione, trascurando la sostanza.
LA SITUAZIONE
ATTUALE
Dal 1996 è noto che
la malattia definita della ”mucca pazza” può contagiare anche le persone che
eventualmente consumano carne infetta; La
forma patologica è ancora poco conosciuta dal punto di vista scientifico, a partire dal
fatto che non è del tutto spiegato perchè il prione responsabile potrebbe causare
malattia per via digerente, dal momento che trattandosi di una proteina dovrebbe essere
distrutto a livello gastro-enterico al punto che molti studiosi avanzano dei dubbi sul
fatto che sia stato del tutto chiarito il meccanismo patogenetico della stessa; Non
si conosce ancora bene il meccanismo di diffusione della malattia, e quindi non si può
sapere quello che avviene tra la contaminazione del virus e lo sviluppo della malattia e
quindi non si può certo effettuare una vera prevenzione ma si impongono misure solo che
hanno effetto presunto di tutela; Così
si parla di sicurezza senza conoscere neppure la carica infettante cioè la quantità di
agente infettante capace di scatenare la malattia; Le
conoscenze parziali non danno luogo ad espressioni di dubbio quanto piuttosto ad
affermazioni definitive che non sono però supportate dalla ricerca e sovente vengono
smentite, così fino alla prova definitiva della trasmissione della malattia del bovino
all’uomo molti ricercatori affermavano che la forma patologica non avrebbe potuto essere
trasmessa da una specie all'altra; Dall'anno
1996 in avanti si è avuto quasi un raddoppio della malattia di Creutzfeld -Jakob nelle
persone, che è passata dai 34 casi nel 1995, ai 54 nel 1996, ai 59 nel 1997, ai 62 nel
1998 e ai 35 nei primi sei mesi del 1999; Le
forme umane sono tuttavia catalogate come "sporadiche" poiché quella che viene
definita come "nuova variante" derivata dai bovini è così catalogata in base
all'età delle persone colpite, che solo se giovani rientrano nella casistica della
"nuova variante" mentre se sono più anziane non vengono coì classificate;
I nuovi esami che vengono fatti non
possono essere estesi a tutti gli animali per ragioni economiche, organizzative e di
organico; Ai problemi già
presenti si è aggiunto quello dello smaltimento delle carcasse e degli organi a rischio,
che comporta un problema economico per gli allevatori ed evidenzia anche una mancanza di
strutture in quanto non esistono forni sufficienti per incenerire il materiale di scarto;
Il Centro di referenza nazionale ha
sede nell'Istituto Zooprofilattico di
Torino che però per mancanza di personale non si fanno interventi di ricerca ma solo
di diagnosi e numericamente contenute (solo 180 in 11 mesi);
Richieste
possibili e suggerimenti
-
Per quanto
riguarda le scelte dei consumatori: evitare
le carni a rischio (hamburger e preparati industriali a base di carni tritate) e preferire
quelle di bovini da carne possibilmente rivolgendosi alle macellerie che vendono i
prodotti di consorzi o di forme di convenzione che offrono la garanzia della
certificazione di provenienza.
-
Carni
certificate e garantite. Il passaporto. Si
deve richiedere che per ogni animale allevato e macellato sia rilasciata una dichiarazione
individuale che comprenda identificazione, provenienza, sistema di allevamento e di
trattamento e che vi sia una presa di responsabilità da parte dell’allevatore. Tale
dichiarazione dovrebbe essere concepita così da poter riportare anche una fotografia dell’animale
interessato, strumento sicuramente più efficace di altri per impedire le contraffazioni e
gli scambi di animali.
-
Sistemi di
allevamento più garantiti. Gli
allevamenti industriali penalizzano gli animali e l’ambiente, bisogna oltre che ottenere
regole certe e più severe per questi, promuovere gli allevamenti di qualità (allevamento
biologico) come è già stato fatto in alcune Regioni, quali la Toscana.
-
Ripensare l’attuale
sistema di allevamento. La nascita e l’evoluzione
della malattia ha insegnato che i pericoli insiti negli allevamenti industrializzati sono
in continuo aumento e nel futuro sarà necessario ripensare a sistemi di allevamento più
naturali e più inquinanti, o almeno eco compatibili. In particolare invece di distribuire
sovvenzioni a pioggia (35 mila miliardi l’anno in Italia al comparto agro-zootecnico) a
tutta la produzione sarà necessario modulare gli interventi a favore di quelle attività
non inquinanti.
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I controlli
più efficienti. E’ necessario
richiedere controlli più efficaci ed efficienti, con operatori più preparati e motivati.
La strada da percorrere sembra quella di premere sia per la preparazione e la formazione
degli operatori sia per una rendicontazione ufficiale esauriente ed in grado di
rispecchiare fedelmente, nel bene e nel male, il lavoro svolto nel campo della prevenzione
e della repressione in tema.
-
Trasparenza e
diffusione. L’evoluzione della ricerca
scientifica sulla malattia, nell’uomo e negli animali, tutte le problematiche che di
volta in volta vengono alla luce sull’argomento, tutti gli aspetti, positivi e negativi,
legati alla patologia ed ai suoi collegamenti quali l’allevamento e il commercio degli
animali, devono essere oggetto di informazione piena e senza censure per tutti i
cittadini. Nello specifico occorre darsi regole sull’informazione , nel senso che alcune
informazioni basilari, quali l’evoluzione delle conoscenze scientifiche sulle malattie e
sulle previsioni epidemiologiche, lo stato delle ricerche i problemi relativi alle
irregolarità e alle infrazioni rilevate, dovranno essere periodicamente comunicate in
modo ufficiale.
Usa Canada Giappone
e Australia rifiutano il sangue di donatori che abbiano soggiornato negli ultimi anni
in Gran Bretagna per paura di trasmettere il morbo di mucca pazza.
Commento: se viene formulato pubblicamente il timore che il sangue umano possa
essere un trasmettitore del virus è ancora più grave che non ci siano mezzi di ricerca
per trovarlo in quello dei bovini, pertanto è possibile che i cittadini europei stiano
continuando a consumare carni a rischio di infezione di BSE. Significa anche che non esser
in grado di riconoscere i bovini siero positivi non permette di identificare tutti gli
animali veramente ammalati. |