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12/11/2002 
MILANO (Reuters) - I carabinieri del Nas di Napoli, insieme ai carabinieri della sezione di polizia giudiziaria delle Procura della Repubblica di Nola, hanno eseguito oggi 35 ordinanze di custodia cautelare nei confronti dei componenti di una serie di organizzazioni criminali collegate tra loro e ramificate sul territorio nazionale che, sfuggendo alla catena ufficiale della commercializzazione, immettevano sul mercato carni bovine pericolose, sottratte al controllo delle autorità. Lo riferisce in un comunicato stampa il Comando Carabinieri per la Sanità.

I carabinieri dei Nas, nell'ambito dell'operazione "Meat Guarantor", avviata nell'aprile del 2001 su disposizione del Ministero della Salute dopo l'emergenza della "mucca pazza", hanno sequestrato circa 2.000 capi bovini, cinque allevamenti bovini illegali, nove macellerie e due impianti di macellazione.

La prova del concreto rischio di contagio è stata data dall'infezione tubercolotica trasmessa ad uno degli allevatori arrestato questa mattina proprio da un bovino del suo allevamento, si legge nel comunicato.

Le persone arrestate appartengono alle varie categorie operanti nel settore zootecnico: dagli allevatori ai commercianti di carne bovina, dai macellatori ai veterinari.

L'organizzazione si avvaleva di due strutture nelle aree di Torino e Cuneo, dove venivano reperiti i bovini privi di garanzie sanitarie o malati e avviati al macello per poi essere inviati in Campania per la commercializzazione.

Tra i reati commessi, oltre all'acquisizione di bovini malati, o privi di documentazioni sanitarie, ci sono la macellazione clandestina e la somministrazione di cocktail medicinali anabolizzanti, la falsificazione di passaporti bovini e il commercio di sostanze alimentari pericolose per la salute pubblica. 
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Bistecca connection, un’inchiesta da incubo 

Senza scrupoli e senza rispetto. Hanno smerciato carni infette, macellato bovini morenti, venduto pezzi di mucche già decomposte. Uno scenario allarmante che dalle intercettazioni telefoniche emerge in maniera inequivocabile. Bovini al veleno liberamente sul mercato con la complicità dei commercianti, l’avidità degli allevatori e il silenzio-assenso dei pubblici amministratori. Nell’esercito del malaffare anche veterinari, vigili urbani, trasportatori e intermediari. La prima fase delle indagini avviate ad aprile del 2001 dai carabinieri del Nas di Napoli e dagli uomini della polizia giudiziaria della Procura di Nola, si sono concluse lunedì con 37 persone arrestate, 142 indagate, nove macellerie sequestrate nel Nolano, 30mila confezioni di farmaci e 10mila di marche auricolari requisite. Requisiti i macelli la «Collina verde» di Visciano e la «Sema carni di Sperone», già chiuso dalla direzione distrettuale antimafia di Napoli per pesanti irregolarità della Blo, la ditta comunale di gestione. Ed è proprio da Sperone, ultimo pezzo delle campagne avellinesi che si intrecciano con quelle della provincia a nord di Napoli, che sono partite le indagini poi proseguite a Torino, Cuneo, Martina Franca e in Campania. Ma è soltanto a Sperone che sono indagati anche due vigili urbani e il sindaco diessino, Salvatore Alaia. Il primo cittadino che un anno fa si è incatenato per scongiurare la realizzazione di impianti industriali per il trattamento della spazzatura che «avrebbero compromesso l’agricoltura e minato la saluta pubblica dei suoi cittadini». Eppure, seguendo le tracce indelebili delle intercettazioni telefoniche, i carabinieri hanno accertato che proprio nel macello avellinese, con il primo cittadino presente, i vigili sanitari Salvatore Surice e Maurizio Amato, rimettevano in ordine le inquietanti documentazioni per ottenere il dissequestro della merce già requisita al titolare della struttura, sfruttando la complicità del capo del servizio veterinario dell’Asl Avellino 2, Pietro Renna, e dei suoi colleghi Rocco Giovanniello, Angelo Castellano, e Antonio Fodarella, dell’Asl Avellino 1 (tutti in carcere). 
Dall’avellinese al Piemonte: anche qui l’indagine ha coinvolto veterinari e commercianti disposti a «trattare» le bestie. E le conferme non sono mancate in provincia di Napoli e a Martina Franca: da qui, Paola Rossano, commerciante di bestiame, forniva anche indicazioni sulle strutture disponibili a macellare clandestinamente come quelle di Santa Maria Capua Vetere e, appunto, di Sperone. «La vacca è uscita gialla come il colera? La piazzeremo comunque». Gli interrogatori degli arrestati potrebbero cominciare oggi; altri bocconi amari potrebbero essere vomitati sulle nostre tavole. 
ROSA PALOMBA - Il Mattino

12/11/2002 

SONO ALLEVATORI E VETERINARI DEL PINEROLESE E DEL CUNEESE 
Macellazione clandestina 

Nei guai dodici piemontesi E´ finito in manette il proprietario di un allevamento di Airasca che era già stato inquisito dalla procura nel novembre 2000 Le accuse: reperivano animali malati e li avviavano in Campania 

Importazione di bovini malati o privi di documentazione sanitaria e somministrazione di farmaci proibiti e anabolizzanti. In altri termini: allevamento e vendita - con tanto di mancanza di certificati sanitari - di bovini a rischio per la nostra salute. Ci sono anche 12 piemontesi - 9 allevatori e 3 veterinari - tra i 35 uomini contro cui i carabinieri del Nas hanno eseguito un ordine di custodia cautelare. Un´operazione vastissima, estesa a tutto il territorio nazionale, tra Napoli (dalla Procura di Nola, in provincia di Napoli è partita l´inchiesta), Torino, Cuneo, Salerno, Caserta, Avellino, Benevento, Taranto e Treviso. Tantissimi i reati ipotizzati: associazione a delinquere, ricettazione, commercio di sostanze alimentari nocive, frode in commercio, riciclaggio, falsità ideologica e materiale commessa da pubblico e privato ufficiale, diffusione di malattie infettive, sottrazione di cose sequestrate e violazione di sigilli, abuso d'ufficio e falsità ideologica da parte di pubblico ufficiale, gestione abusiva di rifiuti ad alto rischio sanitario. Ma veniamo ai 12 piemontesi. L´allevatore più importante della provincia torinese arrestato è Michele Caviasso, 66 anni, legale rappresentante della Si.Ca.Best. di None. Un nome già noto agli inquirenti, perché nel novembre 2000 venne inquisito dalla Procura di Pinerolo per un analogo motivo. Alcuni bovini con «carta di identità» in bianco - e quindi a rischio - diretti in Sicilia erano stati scoperti nel suo allevamento. Si trattava di animali non indenni da tubercolosi, brucellosi e da leucosi. Più o meno quello che è successo in questo nuovo caso, dove il commercio era stato avviato con la Campania. Michele Caviasso e i suoi complici - con la compiacenza del veterinario aziendale della Si.Ca.Best., Paolo Perlo, 38 anni di Racconigi e quello dell´Asl 8 di Chieri, Pietro Malerba, 51 anni di Cambiano - reperivano gli animali privi di garanzie sanitarie, malati o morenti e li avviavano verso macelli piemontesi - tra None, Airasca, Marene, Savigliano, Centallo, Savigliano e Ceresole d´Alba - o quelli campani. Tutto ciò avveniva per conto della ditta Fratelli Lauri, proprietaria di due aree di sosta a Palma Campania (in provincia di Napoli) e Nocera Superiore (Salerno). I fratelli Lauri provvedevano alla commercializzazione attraverso i macelli privati «Sema carni» della provincia di Avellino e «Collina verde» di Visciano (Napoli). L´organizzazione farebbe capo al clan camorristico dei Fabbrocino e sarebbe ramificata in Italia e in altri Paesi europei. Una pratica, a quanto sostengono le forze dell´ordine e i magistrati, collaudata da tempo. Le indagini hanno preso il via nell´aprile 2001 e hanno visto impegnati i carabinieri delle varie città coinvolte. Tra i complici di Michele Caviasso è stato arrestato Giuseppe Fenoglio, 30 anni, allevatore socio della Si.Ca.Best. Mentre altri due soci, Walter Davico, 42 anni, di Airasca e Gian Matteo Nota, 34 anni, di None hanno ottenuto l´obbligo di dimora. Agli arresti domiciliari, infine, 3 allevatori della provincia di Cuneo: Rinaldo Bonetto, 36 anni, Ceresole d´Alba, Gabriele Racca, 47 anni, Marene e Giovanni Racca, 49 anni, Savigliano. Obbligo di dimora per l´allevatore Lino Roattino, di Centallo (Cuneo). In carcere sono invece finiti Flavio Giordano, 35 anni, allevatore e commerciante di bestiame e il veterinario Agostino Bima, 41 anni, entrambi di Cuneo. 
Antonio Giaimo 

Grazia Longo  - La Stampa


Nella stalla c'era anche mucca pazza
L'inchiesta dei Nas e della Procura di Nola ha portato ad arresti anche a None
L'organizzazizione criminale coinvolgeva allevatori e medici veterinari 
I certificati di animali rubati o malati, venivano contraffatti
Le carni macellate in aziende clandestine
La Si.Ca.Best di None inquisita già due anni fa

NONE - Un traffico criminale di bovini malati ha legato per anni alcuni allevatori di None con clan camorristici della Campania. È questo il risultato di una lunga e imponente indagine condotta dalla Procura di Nola, in provincia di Napoli, e dai Nas di Napoli e Torino che ha portato in carcere in questi giorni anche 12 allevatori piemontesi. Tra questi anche i nonesi, Michele Caviasso e Giuseppe Fenoglio oltre a due veterinari: Pietro Malerba, in organico all'Asl 8 e Paolo Perlo, libero professionista che prestava servizio proprio negli allevamenti di Caviasso. Sono iscritti nell'elenco di persone con l'obbligo della dimora Gian Matteo Nota e Walter Davico, entrambi soci della SI.Ca.Best, di cui Caviasso è titolare.
I capi di imputazione sono pesantissimi: si va dall'associazione per delinquere alla ricettazione e al riciclaggio di bovini di illecita provenienza, nonché al commercio di carni infette provenienti da animali privi di controlli sanitari fino al falso e abuso d'ufficio.
La lunga indagine, stimolata all'indomani dell'emergenza Bse ("mucca pazza", tanto per intenderci) e partita dalla procura di Nola, ha messo in luce un traffico illecito di migliaia di capi di bovini, «per lo più moribondi o già addirittura morti che dall'estero entravano in Piemonte - spiega il comandante del gruppo Nas Italia meridionale, il dottor Franco Alessio Pischedda - qui si fermava in alcuni allevamenti del Cuneese, di None e di Airasca per essere in parte abbattuto clandestinamente in un macello privato di Montanera, in provincia di Cuneo, e in parte portato in altri macelli clandestini della Campania». Tra gli allevatori piemontesi al centro di questa dinamica criminale ci sarebbero proprio i nonesi Giuseppe Fenoglio e Michele Caviasso. Quest'ultimo già inquisito nel 2000 per un'altra indagine sulla Si.Ca.Best per presunti traffici di bovini infetti, condotta allora dal sostituto procuratore di Pinerolo Ciro Santoriello. 
«Una volta giunto il bestiame nelle stalle pinerolesi si dava corso, con la complicità dei veterinari, alla contraffazione dei documenti che accompagnano la vita dei bovini. In particolare - prosegue il dottor Pischedda - veniva cambiata l'età (gli animali venivano identificati come più giovani), così da poterli vendere al Sud con la colonna vertebrale». Pare che questa fosse una richiesta esplicita dei macellai coinvolti nel traffico per ingannare con maggiore tranquillità i consumatori. La legge infatti proibisce la vendita di interiora, cervello e midollo di animali con oltre 18 mesi di vita. 
«In questo anno di indagine abbiamo sequestrato migliaia di capi sospetti, dovendone poi abbattere centinaia perché affetti da patologie o perché non si è riusciti a ricostruirne la provenienza e il percorso di vita». 
Le conversazioni telefoniche intercorse tra gli allevatori nonesi, oltre a far rabbrividire, confermerebbero la consapevolezza del disegno criminale: «In un colloquio - riferisce il comandante dei Nas di Napoli - uno dei nonesi dice all'altro che un bovino è arrivato moribondo, con il "drin". L'interlocutore avverte che bisogna far qualcosa perchè l'animale non muoia subito, al che il primo risponde che gli è già stata fatta una "cosa nel collo", ma che chiamerà subito il veterinario per fargli fare una di "quelle cose che lo fanno vivere fino al macello"». In un'altra conversazione telefonica tra commercianti di bestiame si raccontano i sintomi di un altro animale arrivato da qualche ora nella stalla: «la vacca trema tutta, cade per terra, gli si piegano le cosce e sbava, così abbiamo dovuto scannarla subito».
Le conversazioni intercettate, che spiegano di cocktail di antibiotici, cortisonici e anabolizzanti sommistrati dai veterinari liberi professionisti per far restare in vita ancora qualche ora gli animali, sono numerosissime e allucinanti. «Certi farmaci se somministrati poco prima della macellazione, rimangono negli organi degli animali, finendo quindi sulle tavole dei consumatori pur essendo prodotti molto dannosi per la salute umana», conclude Pischedda. Se può consolare, si sappia che la commercializzazione di questa carne avveniva prevalentemente in Campania, «i consumatori piemontesi - rassicura il dottor Mario Valpreda, responsabile regionale dei Servizi veterinari - non sono assolutamente stati toccati da questo traffico». 
L'indagine, partita nell'aprile dello scorso anno, ha visto anche la piena collaborazione dell'Asl 8 e dei suoi relativi Servizi Veterinari. «Abbiamo collaborato con la procura di Nola e con il gruppo Nas dall'inizio; sapevamo perfettamente - spiegano sia il Comnmissario dell'Asl dottor Rabino sia Bruno Borgia, direttore del Dipartimento di Prevenzione, che cooordina tutti i servizi veterinari dell' Azienda - e sapeva perfettamente che le aziende di Michele Caviasso erano soggette a controlli rigidi da parte delle autorità giudiziarie. Noi stessi abbiamo effettuato decine di ispezioni e analisi su animali morti nei suoi allevamenti: non capiamo come il dottor Malerba, nostro veterinario, abbia potuto essere coinvolto in questa storia». Il dottor Borgia riesce ad esprimere solo un'ipotesi in merito al veterinario pubblico in organico al suo servizio: «Che visto il gran numero di personaggi coinvolti, ci sia un errore, uno scambio di identità».
Altri aspetti però sono ancora poco chiari: il gruppo Nas di Napoli in merito agli animali moribondi e morti afferma che «per l'80% provenivano dalla Germania, quindi dall'Olanda, qualcuno dalla Spagna e dall'Est europeo». I capi presenti nelle quattro stalle di Caviasso (la cui società Si.Ca.Best è peraltro in liquidazione dal dicembre del 2001), e controllate dall' Asl 8 (2 a None, 1 a Piobesi un'altra a Castagnole, acquisita più di recente, ndr) «sono al 95% di provenienza e razza francese - assicura il dottor Borgia - nel corso dell'anno non abbiamo visto neanche un capo arrivare dalla Germania». Inoltre, ultimo particolare, questi stessi capi di proprietà della società di Caviasso sono al di sotto dei due anni di vita, per cui non sarebbe comunque necessario contraffare i dati relativi all'età. 
Probabilmente, l'indagine così imponente e così estesa sul territorio, dovrà ancora mettere in luce dinamiche più specifiche e dettagliate di questo commercio criminale su grande scala. 

Sofia D'Agostino - L'Eco del Chisone


Macellazioni clandestine, la regia dei veterinari.
Decidevano le strategie per sfuggire ai controlli 

AVELLINO - Decidevano la strategia per sfuggire ai controlli, utilizzavano la carica di pubblici ufficiali per informare l’organizzazione delle mosse degli inquirenti e sbrogliavano i casi più complicati per legalizzare la macellazione di capi malati o infetti provenienti dalla Germania. Dalle intercettazioni che hanno accompagnato l’ordinanza del Gip del tribunale di Nola che ha disposto l’arresto per 37 persone, i quattro veterinari arrestati in Campania, tre della Asl Avellino 2, tra cui il responsabile del servizio Pietro Renna, e uno in servizio presso la Asl Avellino 1, appaiono come i veri capi dell’organizzazione criminale sulla quale si staglia l’ombra del clan camorristico dei Fabbrocino
Un’organizzazione che distribuiva la carne malata della Germania ai mattatoi privati di Sperone (Av) e Visciano (Na) e che poi sarebbe finita, grazie a grossisti salernitani e napoletani, sulla tavola dei consumatori. Nelle pagine di conversazioni raccolte dagli inquirenti emergono pesanti responsabilità verso Pietro Renna, Angelo Michele Castellano, Rocco Giovanniello e Antonio Fodarella (della Asl Avellino 1) e che chiamano in causa anche il macello comunale di Avellino, sequestrato dalla Dda di Napoli in seguito all’accertamento di gravi irregolarità riscontrate nella conduzione della Blo, la società che gestisce l’impianto per conto del comune. Paola Rossano, commerciante di bestiame di Martina Franca, parlando al telefono con i Ciasullo di Ariano Irpino, commercianti di bestiame e allevatori, dà indicazioni per la macellazione dei capi clandestini. Ai capi di bestiame clandestini, morenti e ammalati venivano praticate massicce dosi di farmaci antibiotici, cortisonici e anabolizzanti per tenerli in vita fino alla macellazione, intervento che non sarebbe potuto avvenire senza la complicità dei medici veterinari incriminati che, in cambio di una percentuale del 20% su ogni capo clandestino e regali come auto e cellulari, si preoccupavano anche di tranquillizzare allevatori, commercianti e titolari degli impianti di macellazione in occasione delle ispezioni dei Nas. Una nota anche dai Verdi: «Nella piana di Acerra e Nola sono scomparsi parte dei 6000 animali sequestrati dalle autorità sanitarie locali in quanto contaminati da diossina». È stata presentata un’interrogazione per tutelare la salute. 
La Padania


Ricompare lo spettro della “mucca pazza”

NAPOLI –- Sfiducia generalizzata da parte dei consumatori, vendite in forte calo, sospetti e accuse mentre ricompare lo spettro della “mucca pazza”: è questa, secondo il presidente della Confederazione italiana agricoltori (Cia) di Napoli, Vincenzo Califano, la conseguenza che si sta registrando a Napoli e in provincia, ma anche nel resto della Campania, in relazione alla vicenda della macellazione clandestina e della carne infetta. Un'operazione targata camorra scoperta dai Nas con il coinvolgimento anche di veterinari (37 le ordinanze di custodia emesse). «E' un grave attentato alla credibilità di tutti gli operatori - sottolinea Califano - e come mondo agricolo ci sentiamo ancora una volta addidati, nostro malgrado, all'opinione pubblica come responsabili della situazione che si è venuta a creare, una circostanza che va smentita perchè contraddice l'unica raltà credibile che è quella delle nostre produzioni, dei nostri animali nostrani». Insomma «ad un anno e mezzo dall'emergenza "mucca pazza" quanto è accaduto è un grave attentato alla credibilità della filiera agroalimentare campana e italiana: la diffidenza dei consumatori, da poco "rientrata" dopo gli sforzi compiuti da tutti gli operatori, è riesplosa preannunciando nuove crisi nel comparto». Califano dice che da ieri è di nuovo stop alla vendita «soprattutto perchè in crisi è entrato subito il settore al dettaglio, cioè il macellaio di fiducia con gravi ripercussiioni, risalendo nella filiera, fino al produttore, all'allevatore».
La Gazzetta del Sud