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PRINCIPIO DI PRECAUZIONE
Orientamento della
Commissione Europea sul principio di precauzione
Secondo la Commissione,
il
principio di precauzione può essere invocato quando gli effetti potenzialmente
pericolosi di un fenomeno, di un prodotto o di un processo sono stati
identificati tramite una valutazione scientifica e obiettiva, ma
quando questa
valutazione non consente di determinare il rischio con certezza.
...Trova applicazione in tutti i casi in
cui una preliminare valutazione scientifica obiettiva indica che
vi sono ragionevoli motivi di temere che
i possibili effetti nocivi sull'ambiente e sulla salute degli esseri
umani, degli animali e delle piante
possano essere incompatibili con l'elevato livello di protezione prescelto dalla
Comunità.
...Il
ricorso al principio si iscrive pertanto nel quadro generale dell'analisi del
rischio (che comprende, oltre la valutazione del rischio, la gestione e la
comunicazione del rischio) e più particolarmente nel quadro della gestione del
rischio che corrisponde alla presa di decisione. L'attuazione di
una strategia
basata sul principio di precauzione dovrebbe iniziare con una valutazione
scientifica quanto più completa possibile, identificando in ciascuna fase il
grado di incertezza scientifica.
...Le
misure basate sul principio precauzionale dovrebbero essere mantenute finché le
informazioni scientifiche sono incomplete o non concludenti e il rischio è
considerato ancora troppo elevato da essere imposto alla società, tenuto
conto del livello di protezione prescelto.
...Decidere di adottare misure senza
aspettare di disporre di tutte le conoscenze scientifiche necessarie rientra
chiaramente in una strategia fondata sulla precauzione.
...I responsabili debbono costantemente
affrontare il dilemma di equilibrare le libertà e i diritti degli
individui, delle industrie e delle organizzazioni
con l'esigenza di ridurre o eliminare il
rischio di effetti negativi per l'ambiente o per la salute.
...Trovare il giusto equilibrio, in modo tale da pervenire a decisioni
proporzionate, non discriminatorie, trasparenti e coerenti, che siano inoltre in
grado di garantire il livello di protezione prestabilito, richiede un processo
decisionale strutturato basato su informazioni particolareggiate e obiettive di
carattere scientifico o di altro tipo. Tale struttura è fornita dai tre elementi
dell'analisi dei rischi: la valutazione del rischio, la scelta della strategia
di gestione del rischio e la comunicazione del rischio.
...Il fatto di invocare o no il
principio di precauzione è una decisione esercitata in condizioni in cui le
informazioni scientifiche sono insufficienti, non conclusive o incerte e vi sono
indicazioni che i possibili effetti sull'ambiente e sulla salute degli esseri
umani, degli animali e delle piante possono essere potenzialmente pericolosi e
incompatibili con il livello di protezione prescelto.
Questi estratti sono parte integrale del testo ufficiale!
COMUNICAZIONE DELLA
COMMISSIONE sul principio di precauzione
apri la pagina della UE sul ricorso al principio di precauzione
SOMMARIO
1. Il problema di come e quando utilizzare il principio di precauzione,
nell'ambito dell'Unione europea e a livello internazionale, sta generando accese
discussioni e opinioni contrastanti, e spesso contraddittorie. I responsabili
politici debbono quindi costantemente affrontare il dilemma di equilibrare la
libertà e i diritti degli individui, delle industrie e delle organizzazioni con
l'esigenza di ridurre i rischi di effetti negativi per l'ambiente e per la
salute degli esseri umani, degli animali e delle piante. L'individuazione di un
corretto equilibrio tale da consentire l'adozione di azioni proporzionate, non
discriminatorie, trasparenti e coerenti, richiede pertanto una procedura
strutturata di adozione delle decisioni sulla base di informazioni
particolareggiate e obiettive di carattere scientifico o di altro tipo.
2. La Commissione si propone di:
- sottolineare la strategia della Commissione nell'utilizzazione del principio
di precauzione,
- stabilire orientamenti della Commissione per la sua applicazione,
- elaborare una comprensione comune dei modi in cui è opportuno valutare,
gestire e comunicare i rischi che la scienza non è ancora in grado di valutare
pienamente, e
- evitare un ricorso ingiustificato al principio di precauzione che diverrebbe
una forma dissimulata di protezionismo.
La Commissione intende inoltre stimolare e arricchire la discussione sul tema,
sia all'interno della Comunità che a livello internazionale.
3. Il principio di precauzione non è definito dal Trattato che ne parla
esplicitamente solo in riferimento alla protezione dell'ambiente. Tuttavia, in
pratica, la sua portata è molto più ampia ed esso trova applicazione in tutti i
casi in cui una preliminare valutazione scientifica obiettiva indica che vi sono
ragionevoli motivi di temere che i possibili effetti nocivi sull'ambiente e
sulla salute degli esseri umani, degli animali e delle piante possano essere
incompatibili con l'elevato livello di protezione prescelto dalla Comunità.
La Commissione ritiene che la Comunità, come gli altri Membri dell'OMC, ha il
diritto di stabilire il livello di protezione - in particolare per quanto
riguarda l'ambiente e la salute degli esseri umani, degli animali e delle piante
- che ritiene appropriato. Il ricorso al principio di precauzione costituisce
una parte fondamentale della sua politica e le scelte che essa effettua a tal
fine continueranno a influenzare i punti di vista che la Commissione difende
internazionalmente sui modi di applicare il principio in questione.
4. Il principio di precauzione dovrebbe essere considerato nell'ambito di una
strategia strutturata di analisi dei rischi, comprendente tre elementi:
valutazione, gestione e comunicazione del rischio. Il principio di precauzione è
particolarmente importante nella fase di gestione del rischio.
Il principio di precauzione, utilizzato essenzialmente dai responsabili per
quanto riguarda la gestione del rischio, non deve essere confuso con l'elemento
di prudenza cui gli scienziati ricorrono nel valutare i dati scientifici.
L'attuazione di una strategia basata sul principio di precauzione dovrebbe
iniziare con una valutazione scientifica quanto più completa possibile,
identificando in ciascuna fase il grado di incertezza scientifica.
5. I responsabili debbono essere pienamente consapevoli del grado d'incertezza
collegato ai risultati della valutazione delle informazioni scientifiche
disponibili. Giudicare quale sia un livello di rischio "accettabile" per la
società costituisce una responsabilità eminentemente politica. I responsabili,
posti di fronte ad un rischio inaccettabile, all'incertezza scientifica e alle
preoccupazioni della popolazione, hanno il dovere di trovare risposte.
Tutti
questi fattori devono quindi essere presi in considerazione.
In alcuni casi la giusta risposta può essere l'inazione o quanto meno la
decisione di non adottare misure giuridicamente vincolanti. Un'ampia gamma di
iniziative è disponibile in caso di azione, da misure giuridicamente vincolanti
a progetti di ricerca o a raccomandazioni.
La procedura di decisione dovrebbe essere trasparente e dovrebbe coinvolgere
tutte le parti interessate, quanto più precocemente e quanto più ampiamente
possibile.
6. Nel caso in cui si ritenga necessario agire, le misure basate sul principio
di precauzione dovrebbero essere, tra l'altro:
- proporzionali rispetto al livello prescelto di protezione,
- non discriminatorie nella loro applicazione,
- coerenti con misure analoghe già adottate,
- basate su un esame dei potenziali vantaggi e oneri dell'azione o dell'inazione
(compresa, ove ciò sia possibile e adeguato, un'analisi economica
costi/benefici),
- soggette a revisione, alla luce dei nuovi dati scientifici, e
- in grado di attribuire la responsabilità per la produzione delle prove
scientifiche necessarie per una più completa valutazione del rischio.
Proporzionalità significa configurare le misure secondo il livello di protezione
prescelto. Il rischio può essere raramente ridotto a zero, ma una valutazione
incompleta del rischio può ridurre notevolmente l'ambito delle opzioni possibili
per coloro che debbono gestirlo. Non sempre un divieto totale può essere una
risposta proporzionale al rischio potenziale. Tuttavia, in alcuni casi, è la
sola risposta possibile.
Non discriminazione significa che situazioni comparabili non devono essere
trattate in modo diverso e che situazioni diverse non debbono essere trattate
nello stesso modo, a meno che non vi siano motivi oggettivi.
Coerenza significa che le misure debbono essere di portata e natura comparabili
a quelle già adottate in aree equivalenti, nelle quali tutti i dati scientifici
sono disponibili.
L'esame dei vantaggi e degli oneri comporta un confronto fra i costi generali
della Comunità dell'azione e dell'inazione, nel breve e nel lungo periodo. Non
si tratta semplicemente di un'analisi economica costi/benefici: la sua portata è
molto più ampia e comprende considerazioni non economiche, quali l'efficacia
delle possibili azioni e la loro accettabilità da parte del pubblico.
Nell'effettuare tale analisi, si dovrà tenere conto del principio generale e
della giurisprudenza della Corte di giustizia, per cui la protezione della
salute ha la precedenza sulle considerazioni economiche.
Soggette a revisione alla luce dei nuovi dati scientifici significa che le
misure basate sul principio precauzionale dovrebbero essere mantenute finché le
informazioni scientifiche sono incomplete o non concludenti e il rischio è
considerato ancora troppo elevato da essere imposto alla società, tenuto conto
del livello di protezione prescelto. Le misure dovrebbero essere riviste
periodicamente alla luce dei progressi scientifici e, se necessario, modificate.
Attribuire la responsabilità per la produzione di prove scientifiche costituisce
una conseguenza di tali misure. I paesi che impongono il requisito della previa
approvazione (autorizzazione all'immissione sul mercato) sui prodotti
considerati a priori pericolosi prevedono l'inversione dell'onere della prova,
trattando tali prodotti come pericolosi a meno che e sino a quando gli operatori
economici non compiano le ricerche necessarie per dimostrare che tali prodotti
sono sicuri.
Se non vi sono procedure di previa autorizzazione, la responsabilità di
dimostrare la natura di un pericolo e il livello di rischio di un prodotto o di
un processo può spettare agli utilizzatori o alle pubbliche autorità. In questi
casi, potrebbe essere adottata una specifica misura precauzionale consistente
nell'imporre l'onere della prova sul produttore o sull'importatore, ma ciò non
può costituire una regola generale.
INDICE
1. Introduzione
2. Obiettivi della presente comunicazione
3. Il principio di precauzione nell'Unione europea
5. Il principio di precauzione nelle sue componenti
5.1 I fattori che attivano il ricorso al principio di precauzione
5.1.1 Identificazione di effetti potenzialmente negativi
5.1.2 Valutazione scientifica
5.1.3 Incertezza scientifica
5.2. Le misure derivanti dal ricorso al principio di precauzione
5.2.1. La decisione di agire o di non agire
5.2.2. Natura dell'azione eventualmente decisa
6. Linee direttrici per il ricorso al principio di precauzione
6.1. Attuazione
6.2. Il fattore che attiva il ricorso al principio di precauzione
6.3. I principi generali di applicazione
6.3.1. La proporzionalità
6.3.2. La non discriminazione
6.3.3. La coerenza
6.3.4. L'esame dei vantaggi e degli oneri derivanti dall'azione o dall'inazione
6.3.5. L'esame dell'evoluzione scientifica
6.4. L'onere della prova
7. Conclusione
- I testi legislativi
- La giurisprudenza
- Gli orientamenti politici
1. Introduzione
Un certo numero di recenti avvenimenti ha mostrato che l'opinione pubblica
percepisce con maggiore intensità i rischi cui sono potenzialmente esposte le
popolazioni o il loro ambiente.
Lo straordinario sviluppo dei mezzi di comunicazione ha favorito questa nuova
capacità di cogliere l'emergere di nuovi rischi, prima che le ricerche
scientifiche abbiano potuto fare piena luce sul problema. I responsabili
politici debbono prendere in considerazione i timori collegati a tale
percezione, adottando misure preventive per eliminare o, quanto meno, limitare
il rischio ad un livello minimo accettabile. Il 13 aprile 1999 il Consiglio ha
adottato una risoluzione che chiedeva alla Commissione, tra l'altro, "di essere
in futuro ancora più determinata nel seguire il principio di precauzione
preparando proposte legislative e nelle altre attività nel settore della tutela
dei consumatori, sviluppando in via prioritaria orientamenti chiari ed efficaci
per l'applicazione di questo principio". Questa comunicazione costituisce un
elemento della risposta della Commissione.
La dimensione del principio di precauzione supera le problematiche connesse con
i rischi in un orizzonte di breve o medio termine. Essa riguarda inoltre
concetti la cui portata temporale è il lungo periodo e il benessere delle
generazioni future.
Decidere di adottare misure senza aspettare di disporre di tutte le conoscenze
scientifiche necessarie rientra chiaramente in una strategia fondata sulla
precauzione.
I responsabili debbono costantemente affrontare il dilemma di equilibrare le
libertà e i diritti degli individui, delle industrie e delle organizzazioni con
l'esigenza di ridurre o eliminare il rischio di effetti negativi per l'ambiente
o per la salute.
Trovare il giusto equilibrio, in modo tale da pervenire a decisioni
proporzionate, non discriminatorie, trasparenti e coerenti, che siano inoltre in
grado di garantire il livello di protezione prestabilito, richiede un processo
decisionale strutturato basato su informazioni particolareggiate e obiettive di
carattere scientifico o di altro tipo. Tale struttura è fornita dai tre elementi
dell'analisi dei rischi: la valutazione del rischio, la scelta della strategia
di gestione del rischio e la comunicazione del rischio.
Le valutazioni dei rischi dovrebbero essere fondate sui dati scientifici e
statistici esistenti. La maggior parte delle decisioni sono adottate in
circostanze nelle quali sono disponibili informazioni sufficienti per adottare
adeguate misure preventive; in altri casi, tuttavia, questi dati possono essere
per molti aspetti incompleti.
Il fatto di invocare o no il principio di precauzione è una decisione esercitata
in condizioni in cui le informazioni scientifiche sono insufficienti, non
conclusive o incerte e vi sono indicazioni che i possibili effetti sull'ambiente
e sulla salute degli esseri umani, degli animali e delle piante possono essere
potenzialmente pericolosi e incompatibili con il livello di protezione
prescelto.
2. Obiettivi della presente comunicazione
La presente comunicazione intende informare tutte le parti interessate, e in
particolare il Parlamento europeo, il Consiglio e gli Stati membri, sul modo in
cui la Commissione applica o intende applicare il principio di precauzione al
momento di adottare decisioni collegate alla limitazione dei rischi. Tuttavia
questa comunicazione di portata generale non pretende costituire un punto finale
della discussione, ma si propone di contribuire ad alimentare la riflessione
attualmente in corso, sia a livello comunitario che a livello internazionale.
La presente comunicazione intende stabilire i principi di una comune
comprensione dei fattori che attivano il ricorso al principio di precauzione e
chiariscono il suo ruolo nell'adozione delle decisioni, individuando
orientamenti per la sua applicazione sulla base di principi logici e coerenti.
Gli orientamenti contenuti nella presente comunicazione intendono unicamente
costituire un punto di riferimento generale e non modificano in alcun modo le
disposizioni del Trattato o della legislazione comunitaria derivata.
Un altro obiettivo è evitare un ingiustificato ricorso al principio di
precauzione, che in alcuni casi potrebbe fungere da giustificazione per un
protezionismo mascherato. L'elaborazione di orientamenti internazionali potrebbe
facilitare il perseguimento di tale fine. La Commissione vuole inoltre
sottolineare nella comunicazione che, lungi dall'essere uno strumento per
sottrarsi agli obblighi derivanti dagli accordi dell'OMC, il previsto ricorso al
principio di precauzione rispetta tali obblighi.
È necessario inoltre dissipare una confusione esistente tra l'utilizzazione del
principio di precauzione e la ricerca di un livello zero di rischio che, nella
realtà, esiste solo raramente. La ricerca di un livello di protezione elevato
per la salute, la sicurezza, la protezione dell'ambiente e dei consumatori si
iscrive nel contesto del mercato interno, aspetto fondamentale della Comunità.
La Comunità ha già fatto ricorso al principio di precauzione. Un'esperienza
particolare è stata acquisita da tempo nel settore dell'ambiente: in
quest'ambito molte misure sono ispirate al principio di precauzione, come quelle
adottate per la protezione dello strato dell'ozono o in materia di cambiamenti
climatici.
3. Il principio di precauzione nell'Unione europea
La Comunità ha costantemente perseguito l'obiettivo di una protezione elevata,
in particolare per l'ambiente e la salute degli esseri umani, degli animali e
delle piante. Nella maggior parte dei casi, le misure che consentono di ottenere
questo elevato livello di protezione possono essere determinate su una base
scientifica sufficiente. Tuttavia, quando vi sono ragionevoli motivi di temere
che i potenziali pericoli potrebbero avere effetti negativi sull'ambiente o
sulla salute degli esseri umani, degli animali e delle piante, ma i dati
disponibili non consentono una valutazione particolareggiata del rischio, il
principio di precauzione è stato politicamente accettato come strategia di
gestione dei rischi in molti ambiti.
Al fine di offrire un'immagine completa del ricorso al principio di precauzione
nell'Unione europea, è importante esaminare i testi legislativi, la
giurisprudenza sviluppata dalla Corte di giustizia o dal Tribunale di prima
istanza e gli orientamenti politici che sono emersi.
Testi giuridici
Il punto di partenza dell'analisi risiede nei testi giuridici nei quali viene
fatta allusione esplicita o implicita al principio di precauzione (Allegato I,
Rif. 1).
A livello comunitario, il solo riferimento esplicito al principio di precauzione
è contenuto nel titolo dedicato all'ambiente del Trattato CE, e più in
particolare l'articolo 174. Non bisogna per questo dedurne che il principio sia
applicabile solo in materia ambientale (Allegato I, Rif. 2, 3 e 4). Anche se il
principio è menzionato nel Trattato, esso non vi è definito.
Come altre nozioni generali contenute nella legislazione, quali la sussidiarietà
o la proporzionalità, spetta ai responsabili politici e, in ultima analisi, alle
istanze giurisdizionali precisare i contorni di questo principio. In altri
termini, la portata del principio di precauzione è collegata anche
all'evoluzione giurisprudenziale che, in qualche modo, è influenzata dai valori
sociali e politici che prevalgono in una società.
Non bisogna per questo concludere che la mancanza di definizione si traduca in
una incertezza giuridica. La pratica acquisita in materia di ricorso al
principio di precauzione dalle istanze comunitarie e il controllo
giurisdizionale consentono, infatti, di attribuire una portata sempre più
precisa a tale nozione.
La giurisprudenza
La Corte di giustizia delle Comunità europee e il Tribunale di prima istanza
hanno già avuto l'occasione di controllare l'applicazione del principio di
precauzione nelle cause di cui sono stati investiti e, per questo tramite, di
iniziare a sviluppare una giurisprudenza in materia (vedi Allegato I, Rif. 5,6 e
7).
Gli orientamenti politici
Tali orientamenti sono stati descritti dalla Commissione nel Libro verde sui
principi generali della sicurezza alimentare e nella Comunicazione del 30 aprile
1997 sulla salute dei consumatori e la sicurezza alimentare, dal Parlamento
nella sua risoluzione del 10 marzo 1998 riguardante il Libro verde, dal
Consiglio nella sua risoluzione del 13 aprile 1999 e dal Comitato parlamentare
misto dello Spazio economico europeo nella sua risoluzione del 16 marzo 1999
(Allegato I, Rif. 8-12).
La Commissione ritiene pertanto che il principio di precauzione sia un principio
di applicazione generale che deve essere preso in considerazione particolarmente
nei settori della protezione dell'ambiente e della salute umana, animale o
vegetale.
Anche se nel Trattato il principio di precauzione viene menzionato
esplicitamente solo nel settore dell'ambiente, il suo campo d'applicazione è
molto più vasto. Esso comprende quelle specifiche circostanze in cui le prove
scientifiche sono insufficienti, non conclusive o incerte e vi sono indicazioni,
ricavate da una preliminare valutazione scientifica obiettiva, che esistono
ragionevoli motivi di temere che gli effetti potenzialmente pericolosi
sull'ambiente e sulla salute umana, animale o vegetale possono essere
incompatibili con il livello di protezione prescelto.
4. Il principio di precauzione in diritto internazionale
A livello internazionale, il primo riconoscimento del principio di precauzione
risale alla Carta mondiale della natura adottata dall'assemblea generale delle
Nazioni Unite nel 1982. La nozione è stata in seguito ripresa in varie
convenzioni internazionali sulla protezione dell'ambiente (vedi Allegato II).
Una consacrazione di questo principio è avvenuta nella Conferenza di Rio
sull'ambiente e lo sviluppo, nel corso della quale è stata adottata la
Dichiarazione di Rio, il cui principio 15 recita: "Al fine di proteggere
l'ambiente, il principio di precauzione sarà ampiamente applicato dagli Stati
secondo le rispettive capacità. Laddove vi siano minacce di danni seri o
irreversibili, la mancanza di piene certezze scientifiche non potrà costituire
un motivo per ritardare l'adozione di misure efficaci in termini di costi volte
a prevenire il degrado ambientale". D'altro canto, la Convenzione quadro delle
Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e la Convenzione sulla diversità
biologica, adottate in questa stessa Conferenza, fanno entrambe riferimento al
principio di precauzione. Di recente, il 28 gennaio 2000, durante la Conferenza
delle Parti della Convenzione sulla diversità biologica, il Protocollo sulla
biosicurezza riguardante il trasferimento, la manipolazione e l'utilizzazione
sicuri di organismi viventi modificati derivanti dalla moderna biotecnologia ha
confermato la funzione fondamentale del principio di precauzione (vedi Allegato
II).
Ne deriva che questo principio ha conosciuto un progressivo consolidamento nel
diritto internazionale dell'ambiente, divenendo un vero principio di diritto
internazionale di portata generale.
Gli Accordi dell'OMC confermano tale constatazione. Il preambolo dell'Accordo
dell'OMC pone in evidenza i legami sempre più stretti tra il commercio
internazionale e la protezione dell'ambiente [1]. Una strategia coerente
comporta che il principio di precauzione sia debitamente preso in considerazione
in tali Accordi, e in particolare nell'Accordo sulle misure sanitarie e
fitosanitarie (SPS) nonché nell'Accordo sugli ostacoli tecnici al commercio (TBT),
al fine di garantire che questo principio a carattere generale riceva
un'applicazione adeguata nell'ordinamento giuridico.
[1] « Le Parti del presente accordo, .... riconoscendo che i loro rapporti nel
settore commerciale ed economico dovrebbero essere orientati verso l'elevazione
del tenore di vita, la realizzazione del pieno impiego e una costante crescita
del reddito reale e della domanda effettiva, con l'aumento della produzione e
del commercio delle merci e dei servizi, consentendo l'utilizzazione ottimale
delle risorse mondiali conformemente all'obiettivo dello sviluppo durevole, al
fine di proteggere e preservare l'ambiente e rafforzare gli strumenti volti a
garantire il perseguimento di tali obiettivi in modo compatibile con le
rispettive esigenze e preoccupazioni a vari livelli di sviluppo economico, ....
».
Pertanto, nell'ambito dell'OMC, ciascun Membro dispone del diritto autonomo di
determinare il livello di protezione ambientale o sanitario che ritiene
appropriato. Di conseguenza, ciascun Membro può applicare misure, comprese
quelle basate sul principio di precauzione, che comportano un livello di
protezione più elevato di quello che sarebbe basato sulle relative norme o
raccomandazioni internazionali. I recenti sviluppi relativi ad alcune questioni
nell'ambito dell'OMC confermano tali considerazioni.
L'Accordo sull'applicazione delle misure sanitarie e fitosanitarie (SPS) prevede
chiaramente il ricorso al principio di precauzione, sebbene il termine non sia
utilizzato esplicitamente. Anche se la regola generale è di fondare qualunque
misura sanitaria o fitosanitaria su principi scientifici e non mantenerla senza
prove scientifiche sufficienti, una deroga a tali principi è prevista
all'articolo 5(7) il quale stabilisce che: "Nel caso in cui le prove
scientifiche pertinenti siano insufficienti, un Membro potrà provvisoriamente
adottare misure sanitarie o fitosanitarie sulla base delle pertinenti
informazioni disponibili, comprese quelle provenienti dalle organizzazioni
internazionali competenti, nonché quelle derivanti dalle misure sanitarie o
fitosanitarie applicate da altri Membri. In tali circostanze, i Membri si
sforzeranno di ottenere le informazioni aggiuntive necessarie per procedere ad
una valutazione più obiettiva del rischio ed esamineranno di conseguenza la
misura sanitaria o fitosanitaria entro un termine ragionevole".
Pertanto, secondo l'Accordo SPS, le misure adottate in applicazione del
principio di precauzione, quando i dati scientifici sono inadeguati, sono
provvisorie ed implicano il proseguimento degli sforzi volti ad individuare o
generare i necessari dati scientifici. È importante sottolineare che la natura
provvisoria non è collegata ad un mero limite temporale, ma allo sviluppo della
conoscenza scientifica.
L'utilizzazione del termine "una valutazione più obiettiva del rischio"
nell'articolo 5.7 implica che una misura precauzionale può essere basata su una
valutazione meno oggettiva, ma deve comprendere in ogni caso una valutazione del
rischio.
Il concetto di valutazione del rischio nell'Accordo SPS lascia aperta la strada
all'interpretazione di ciò che deve essere utilizzato come base per una
strategia di tipo precauzionale. La valutazione del rischio sulla quale si basa
una misura può comprendere dati non quantificabili di natura fattuale o
qualitativa e non è limitata unicamente ai dati scientifici puramente
quantitativi. Tale interpretazione è stata confermata dall'organo di appello
dell'OMC nel caso degli ormoni di crescita, con rigetto dell'interpretazione
iniziale del gruppo speciale, in base alla quale la valutazione del rischio
doveva essere quantitativa e doveva stabilire un grado minimo di rischio.
I principi contenuti nell'articolo 5.7. dell'Accordo SPS devono essere
rispettati per le misure sanitarie o fitosanitarie; tuttavia, tenuto conto della
specificità di altri settori, quali l'ambiente, è possibile che debbano essere
applicati principi in parte diversi.
L'elaborazione di orientamenti (guidelines) internazionali è attualmente
considerata in rapporto all'applicazione del principio precauzionale nel Codex
Alimentarius. Tali guidelines, in questo come in altri settori, potrebbero
aprire la strada ad una strategia armonizzata per l'elaborazione di misure
protettive nei settori sanitario o dell'ambiente, da parte dei Membri dell'OMC,
evitando al tempo stesso un'utilizzazione abusiva del principio di precauzione
che potrebbe condurre ad ingiustificati ostacoli agli scambi.
Alla luce di tali osservazioni, la Commissione ritiene che, al pari degli altri
Membri dell'OMC, la Comunità dispone del diritto di stabilire il livello di
protezione che ritiene adeguato, in particolare in materia di ambiente e di
salute umana, animale e vegetale. In tale contesto, la Comunità deve rispettare
gli articoli 6, 95, 152 e 174 del Trattato. A tal fine, il ricorso al principio
di precauzione costituisce un elemento essenziale della sua politica. È chiaro
che le scelte che saranno compiute dalla Comunità avranno una ripercussione
sulle posizioni che essa sosterrà a livello internazionale, e in particolare
multilaterale, in materia di ricorso al principio di precauzione.
Tenuto conto dell'origine stessa del principio di precauzione e delle sue
implicazioni crescenti nel diritto internazionale, e in particolare negli
Accordi dell'Organizzazione mondiale del commercio, a livello internazionale
questo principio deve essere debitamente riflesso nei vari settori in cui è
suscettibile di essere preso in considerazione.
La Commissione ritiene che, al pari degli altri Membri dell'OMC, la Comunità ha
il diritto di stabilire il livello di protezione che ritiene adeguato, in
particolare in materia di protezione dell'ambiente e della salute umana, animale
e vegetale. Il ricorso al principio di precauzione costituisce un elemento
essenziale della sua politica. Le scelte effettuate a tal fine continueranno ad
avere ripercussioni sulle posizioni che la Comunità sosterrà a livello
internazionale, e in particolare multilaterale, per quanto riguarda il ricorso
al principio di precauzione.
5. Il principio di precauzione nelle sue componenti
L'analisi del principio di precauzione fa apparire due aspetti per loro natura
distinti: (i) la decisione politica di agire o di non agire, collegata ai
fattori che attivano l'utilizzazione del principio di precauzione; (ii) in caso
affermativo, come agire, vale a dire quali sono le misure derivanti da tale
utilizzazione del principio di precauzione.
Vi è una controversia sulla presa in considerazione dell'incertezza scientifica
nell'analisi del rischio, e in particolare se tale presa in considerazione debba
essere effettuata nella valutazione del rischio o nella gestione del rischio.
Tale controversia deriva da una confusione tra una strategia di prudenza e
l'applicazione del principio di precauzione. Questi due aspetti sono
complementari ma non devono essere confusi.
La strategia di prudenza è iscritta nella politica di valutazione dei rischi che
è determinata prima di qualunque valutazione dei rischi stessi e che fa appello
agli elementi descritti al punto 5.1.3. Essa fa quindi parte integralmente del
parere scientifico espresso da coloro che valutano il rischio.
L'applicazione del principio di precauzione appartiene, invece, alla gestione
del rischio, quando l'incertezza scientifica non consente una valutazione
completa di tale rischio e i responsabili ritengono che il livello prescelto di
protezione dell'ambiente o della salute umana, animale o vegetale possa essere
minacciato.
La Commissione ritiene che le misure che applicano il principio di precauzione
si iscrivano nel contesto generale dell'analisi del rischio, e più in
particolare nella gestione del rischio.
5.1 I fattori che attivano il ricorso al principio di precauzione
Il ricorso al principio di precauzione interviene unicamente in un'ipotesi di
rischio potenziale, anche se questo rischio non può essere interamente
dimostrato, o la sua portata quantificata o i suoi effetti determinati per
l'insufficienza o il carattere non concludente dei dati scientifici.
È opportuno rilevare tuttavia che il principio di precauzione non può in nessun
caso legittimare l'adozione di decisioni arbitrarie.
5.1.1 Identificazione di effetti potenzialmente negativi
Una valutazione di dati scientifici relativi ai rischi è un elemento necessario
per ricorrere al principio di precauzione. Un altro elemento precede tuttavia
logicamente e cronologicamente tale valutazione, vale a dire l'identificazione
di effetti potenzialmente negativi derivanti da un fenomeno. Per avere una
migliore percezione di tali effetti, risulta necessario procedere ad una
valutazione scientifica. La decisione di effettuare tale valutazione senza
aspettare nuove informazioni è collegata ad una percezione meno teorica e più
concreta del rischio.
5.1.2 Valutazione scientifica
Una valutazione scientifica degli effetti potenzialmente negativi dovrebbe
essere adottata sulla base dei dati disponibili nel momento in cui si considera
se siano necessarie misure volte a proteggere l'ambiente e la salute umana,
animale o vegetale. Una valutazione del rischio dovrebbe essere realizzata
laddove sia possibile al momento di decidere se invocare o no il principio di
precauzione. Ciò richiede dati scientifici affidabili e un ragionamento
rigorosamente logico che porti ad una conclusione la quale esprima la
possibilità del verificarsi e l'eventuale gravità del pericolo sull'ambiente o
sulla salute di una popolazione data, compresa la portata dei possibili danni,
la persistenza, la reversibilità e gli effetti ritardati. Non è tuttavia
possibile portare a compimento in tutti i casi una valutazione completa dei
rischi, ma dovrebbero essere compiuti tutti gli sforzi possibili per valutare le
informazioni scientifiche disponibili.
Laddove possibile, dovrebbe essere redatta una relazione comprendente una
valutazione delle conoscenze esistenti e delle informazioni disponibili, oltre
ai pareri degli scienziati sull'affidabilità della valutazione ed un'indicazione
sulle persistenti incertezze. Se necessario, la relazione dovrebbe anche
contenere l'identificazione delle linee di sviluppo delle ricerche scientifiche
successive.
La valutazione dei rischi comprende quattro componenti: l'identificazione del
pericolo, la caratterizzazione del pericolo, la valutazione dell'esposizione e
la caratterizzazione del rischio (Allegato III). I limiti della conoscenza
scientifica possono influenzare ciascuna di queste componenti, e quindi anche il
livello generale d'incertezza e le basi delle future azioni protettive o
preventive. Sarebbe opportuno cercare di completare le quattro fasi sopra
descritte prima di adottare decisioni.
5.1.3 Incertezza scientifica
L'incertezza scientifica deriva di solito da cinque caratteristiche del metodo
scientifico: le variabili prescelte, le misurazioni effettuate, i campioni
individuati, i modelli utilizzati e le relazioni causali impiegate. L'incertezza
scientifica può derivare inoltre da controversie sui dati esistenti o dalla
mancanza di dati. L'incertezza può riguardare elementi qualitativi o
quantitativi dell'analisi.
Una strategia più astratta e generalizzata, preferita da alcuni scienziati,
consiste nel separare tutte le incertezze in tre categorie: distorsione,
aleatorietà e variabilità reale. Alcuni altri esperti preferiscono categorizzare
in termini di stima dell'intervallo di fiducia della probabilità del verificarsi
e della gravità dell'impatto del pericolo.
Il tema è estremamente complesso e la Commissione ha lanciato un progetto
"Rischio tecnologico e gestione dell'incertezza" realizzato sotto gli auspici
dell'Osservatorio scientifico e tecnologico europeo. Le quattro relazioni di
tale Osservatorio saranno pubblicate tra breve e forniranno una descrizione
completa delle riflessioni sull'incertezza scientifica.
I valutatori del rischio sono abituati a prendere in considerazione questi
fattori d'incertezza utilizzando elementi di prudenza quali ad esempio:
- basarsi su modelli animali per stabilire gli effetti potenziali sull'uomo;
- utilizzare scale di peso corporale per i confronti tra le specie;
- adottare un fattore di sicurezza nella valutazione di una dose giornaliera
ammissibile per tenere conto della variabilità intra e interspecifica; il valore
di questo fattore varia in funzione del grado d'incertezza dei dati disponibili;
- non determinare dosi giornaliere ammissibili per le sostanze di cui sono noti
gli effetti genotossici cancerogeni;
- prendere quale riferimento il livello « ALARA » (as low as reasonably
achievable) per alcuni agenti tossici.
Coloro che gestiscono il rischio dovrebbero avere piena conoscenza di questi
fattori d'incertezza quando adottano misure che si basano sul parere scientifico
espresso dai valutatori.
Vi sono tuttavia situazioni in cui i dati scientifici sono ampiamente
insufficienti per poter concretamente applicare tali elementi di prudenza, nei
quali la mancanza di modellizzazione dei parametri non consente alcuna
estrapolazione e in cui i rapporti causa/effetto sono ipotizzati ma non
dimostrati. In queste situazioni i responsabili politici sono posti dinanzi al
dilemma di agire o di non agire.
Il ricorso al principio di precauzione presuppone
- L'identificazione di effetti potenzialmente negativi derivanti da un fenomeno,
da un prodotto o da un procedimento;
- Una valutazione scientifica del rischio che, per l'insufficienza dei dati, il
loro carattere non concludente o la loro imprecisione, non consente di
determinare con sufficiente certezza il rischio in questione.
5.2. Le misure derivanti dal ricorso al principio di precauzione
5.2.1. La decisione di agire o di non agire
Di fronte alla situazione appena descritta, a volte su richiesta più o meno
pressante di un'opinione pubblica inquieta, i responsabili politici debbono dare
risposte. Dare risposte non significa tuttavia che debbano sempre essere
adottate misure. Anche la decisione di non agire può costituire una risposta.
La scelta della risposta da dare di fronte ad una certa situazione deriva quindi
da una decisione eminentemente politica, funzione del livello del rischio
"accettabile" dalla società che deve sopportarlo.
5.2.2. Natura dell'azione eventualmente decisa
La natura dell'atto adottato ha un'influenza sul tipo di controllo che può
essere esercitato. Infatti, il ricorso al principio di precauzione non si
traduce necessariamente nell'adozione di atti finali volti a produrre effetti
giuridici, che sono suscettibili di controllo giurisdizionale. Una vasta gamma
di azioni è a disposizione dei responsabili politici nel momento in cui decidono
di fare ricorso al principio di precauzione. La decisione di finanziare un
programma di ricerca o la decisione d'informare l'opinione pubblica sui
possibili effetti negativi di un prodotto o di un procedimento possono
costituire atti ispirati dal principio di precauzione.
La determinazione della legalità di qualunque disposizione adottata dalle
istituzioni comunitarie rientra nella sfera di competenza della Corte di
giustizia. Secondo una costante giurisprudenza della Corte, quando la
Commissione o qualunque altra istituzione comunitaria dispone di un ampio potere
discrezionale, in particolare per quanto riguarda la natura e la portata delle
misure adottate, il controllo del giudice comunitario deve limitarsi a esaminare
se l'esercizio di tale potere non è stato inficiato da errore manifesto o da uno
sviamento di potere o se l'istituzione non ha manifestamente oltrepassato i
limiti del suo potere di apprezzamento.
Le misure non possono, quindi, basarsi su elementi arbitrari.
Il ricorso al principio di precauzione non si traduce necessariamente
nell'adozione di atti finali volti a produrre effetti giuridici, suscettibili di
controllo giurisdizionale.
6. Linee direttrici per il ricorso al principio di precauzione
6.1. Attuazione
Quando i responsabili politici vengono a conoscenza di un rischio per l'ambiente
o la salute umana, animale o vegetale, che potrebbe avere gravi conseguenze in
caso d'inazione, si pone il problema delle adeguate misure protettive. I
responsabili politici devono ottenere, utilizzando un approccio strutturato, una
valutazione scientifica quanto più completa possibile del rischio per l'ambiente
o la salute al fine di selezionare il tipo d'azione più adeguato.
La determinazione delle azioni adeguate, comprese le misure basate sul principio
di precauzione, dovrebbe iniziare con una valutazione scientifica e, se
necessario, con la decisione di affidare ad un gruppo di esperti la
realizzazione di una valutazione scientifica quanto più possibile oggettiva e
completa. Ció al fine di evidenziare i dati disponibili, le lacune nella
conoscenza e le incertezze scientifiche.
L'attuazione di una strategia basata sul principio di precauzione dovrebbe
iniziare con una valutazione scientifica, quanto più possibile completa,
identificando, ove possibile, in ciascuna fase il grado d'incertezza
scientifica.
6.2. Il fattore che attiva il ricorso al principio di precauzione
Una volta realizzata la valutazione scientifica nel modo migliore possibile, è
possibile disporre di una base per invocare eventualmente il principio di
precauzione. Le conclusioni di questa valutazione dovrebbero mostrare che
potrebbe essere impossibile ottenere il livello di protezione previsto per
l'ambiente o il gruppo di popolazione. Le conclusioni dovrebbero inoltre
comprendere una valutazione delle incertezze scientifiche e una descrizione
delle ipotesi utilizzate per compensare la mancanza di dati scientifici o
statistici. Dovrebbe inoltre essere compiuta una valutazione delle potenziali
conseguenze dell'inazione e questa valutazione potrebbe essere utilizzata dai
responsabili politici per far ricorso al principio di precauzione. La decisione
di attendere o di non attendere nuovi dati scientifici prima di considerare le
possibili misure dovrebbe essere adottata dai responsabili con il massimo di
trasparenza.
La mancanza di prove scientifiche dell'esistenza di un rapporto causa/effetto,
un rapporto quantificabile dose/risposta o una valutazione quantitativa della
probabilità del verificarsi di effetti negativi causati dall'esposizione non
dovrebbero essere utilizzati per giustificare l'inazione. Anche se il parere
scientifico è fatto proprio solo da una frazione minoritaria della comunità
scientifica, se ne dovrà tenere debito conto, purché la credibilità e la
reputazione di tale frazione siano riconosciute [2].
[2] Cfr. : Relazione dell'organo d'appello dell'OMC nel caso degli ormoni, par.
194 « In alcuni casi la stessa esistenza di opinioni divergenti di scienziati
qualificati che hanno analizzato il tema specifico in questione può indicare uno
stato d'incertezza scientifica ».
La Commissione conferma la sua volontà di seguire procedure quanto più possibile
trasparenti e di coinvolgere, in una fase quanto più possibile precoce, tutte le
parti interessate [3]. Ciò consentirà ai responsabili di adottare misure
legittime in grado di realizzare il livello prescelto di protezione sanitaria o
ambientale.
[3] Un notevole sforzo è già stato compiuto per gli aspetti riguardanti in
particolare la sanità pubblica e l'ambiente. A quest'ultimo proposito, con la
firma della Convenzione d'Aarhus del giugno 1998, la Comunità e gli Stati membri
hanno manifestato il ruolo essenziale che attribuiscono all'accesso
all'informazione e alla giustizia.
Una valutazione delle potenziali conseguenze dell'inazione e delle incertezze
della valutazione scientifica dovrebbe essere compiuta dai responsabili al
momento di decidere se intraprendere azioni basate sul principio di precauzione.
Tutte le parti in causa dovrebbero essere coinvolte nel modo più completo
possibile nello studio delle varie opzioni di gestione del rischio, una volta
che i risultati della valutazione scientifica e/o della valutazione del rischio
siano disponibili. La procedura dovrebbe essere quanto più possibile
trasparente.
6.3. I principi generali di applicazione
Questi principi non sono limitati all'applicazione del principio di precauzione.
Essi si applicano a qualunque misura di gestione dei rischi ed è opportuno
sottolineare che una strategia basata sul principio di precauzione non dispensa
dall'applicare, nella misura del possibile, questi criteri generalmente
utilizzati quando si può disporre di una valutazione completa del rischio.
Invocare il principio di precauzione non consente quindi di derogare ai principi
generali di una buona gestione dei rischi.
I principi generali comportano:
- la proporzionalità,
- la non discriminazione,
- la coerenza,
- l'esame dei vantaggi e degli oneri derivanti dall'azione o dalla mancanza di
azione,
- l'esame dell'evoluzione scientifica.
6.3.1. La proporzionalità
Le misure previste devono consentire di raggiungere il livello di protezione
adeguato. Le misure basate sul principio di precauzione non dovrebbero essere
sproporzionate rispetto al livello di protezione ricercato, tentando di
raggiungere un livello di rischio zero che esiste solo di rado. Tuttavia, in
taluni casi, una stima incompleta del rischio può limitare notevolmente il
numero di opzioni disponibili per coloro che devono gestire il rischio stesso.
In alcuni casi, un divieto totale può non costituire una risposta proporzionale
ad un rischio potenziale. In altri casi, può essere la sola risposta possibile
ad un rischio dato.
Misure di riduzione del rischio possono comportare alternative meno restrittive
per gli scambi che consentono di raggiungere un livello di protezione
equivalente come, ad esempio, un trattamento adeguato, una riduzione
dell'esposizione, un potenziamento dei controlli, la decisione di introdurre
limiti provvisori, raccomandazioni rivolte alle popolazioni a rischio, ecc.
Occorre inoltre tenere conto delle possibilità di sostituzione dei prodotti o
dei procedimenti in questione con altri prodotti o procedimenti che presentano
rischi minori.
La misura di riduzione dei rischi non deve limitarsi ai rischi immediati per i
quali la proporzionalità dell'azione è più facile da valutare. È proprio nelle
situazioni in cui gli effetti negativi si fanno sentire molto tempo dopo
l'esposizione che i rapporti di causa/effetto sono più difficili da provare
scientificamente e, pertanto, il principio di precauzione deve essere spesso
utilizzato. In questo caso gli effetti potenziali a lungo termine devono essere
presi in considerazione per valutare la proporzionalità delle misure che
consistono nel realizzare azioni suscettibili di limitare o sopprimere un
rischio, i cui effetti apparirebbero solo dopo dieci o venti anni o colpirebbero
le generazioni future. Questo è vero soprattutto per gli effetti sugli
ecosistemi. Il rischio che ha effetti futuri può essere eliminato o ridotto solo
al momento dell'esposizione a tale rischio, vale a dire immediatamente.
Le misure dovrebbero essere proporzionate al livello di protezione prescelto.
6.3.2. La non discriminazione
Il principio di non discriminazione vuole che situazioni comparabili non siano
trattate in modo diverso e che situazioni diverse non siano trattate in modo
uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato.
Le misure precauzionali adottate dovrebbero applicarsi in modo tale da
raggiungere un livello di protezione equivalente, senza che l'origine geografica
o la natura di una produzione possano essere invocate per applicare in modo
arbitrario trattamenti diversi.
Le misure non dovrebbero introdurre discriminazioni nella loro applicazione.
6.3.3. La coerenza
Le misure dovrebbero essere coerenti con quelle già adottate in situazioni
analoghe o utilizzando approcci analoghi. Le valutazioni di rischio comportano
una serie di elementi da prendere in considerazione per una valutazione quanto
più completa possibile. Questi elementi si propongono d'identificare e di
caratterizzare i pericoli, in particolare stabilendo un rapporto tra la dose e
l'effetto, di apprezzare l'esposizione della popolazione colpita o
dell'ambiente. Se la mancanza di alcuni dati scientifici non consente di
caratterizzare il rischio, tenuto conto delle incertezze inerenti alla
valutazione, le misure precauzionali adottate dovrebbero essere di portata e di
natura comparabile con le misure già adottate in settori equivalenti, nei quali
tutti i dati scientifici sono disponibili.
Le misure dovrebbero essere coerenti con misure analoghe già adottate in
circostanze analoghe o utilizzando analoghe strategie.
6.3.4. L'esame dei vantaggi e degli oneri derivanti dall'azione o dall'inazione
Occorrerebbe stabilire un confronto tra le conseguenze positive o negative più
probabili dell'azione prevista e quelle dell'inazione in termini di costi
globali per la Comunità, sia a breve che a lungo termine. Le misure previste
dovrebbero essere in grado di arrecare un beneficio globale in materia di
riduzione del rischio ad un livello accettabile.
L'esame dei vantaggi e degli oneri non può ridursi soltanto ad un'analisi
economica costi/benefici. Tale analisi è più vasta nella sua portata e comprende
considerazioni non economiche.
L'esame dei vantaggi e degli oneri dovrebbe tuttavia comprendere un'analisi
economica costi/benefici quando ciò sia adeguato e realizzabile.
Potrebbero tuttavia essere presi in considerazione altri metodi di analisi, come
quello relativo all'efficacia delle opzioni possibili e alla loro accettabilità
da parte della popolazione. È possibile, infatti, che una società sia pronta a
pagare un costo più elevato al fine di garantire un interesse, quale l'ambiente
o la salute, riconosciuto come di grande rilievo.
La Commissione riafferma che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, le
esigenze collegate alla protezione della salute pubblica dovrebbero vedersi
riconoscere un carattere preponderante rispetto alle considerazioni economiche.
Le misure adottate presuppongono l'esame dei vantaggi e degli oneri derivanti
dall'azione o dall'inazione. Questo esame dovrebbe comprendere un'analisi
economica costi/benefici quando ciò sia adeguato e realizzabile. Potrebbero
tuttavia essere presi in considerazione altri metodi di analisi, come quelli
relativi all'efficacia e all'impatto socioeconomico delle opzioni possibili.
D'altro canto, il responsabile può essere guidato anche da considerazioni non
economiche, quali ad esempio la tutela della salute.
6.3.5. L'esame dell'evoluzione scientifica
Le misure debbono essere mantenute finché i dati scientifici rimangono
insufficienti, imprecisi o non concludenti e finché il rischio sia ritenuto
sufficientemente elevato per non accettare di farlo sostenere alla società. Come
conseguenza dei nuovi dati scientifici, è possibile che le misure debbano essere
modificate o eliminate prima di un termine preciso. Tutto ciò non è tuttavia
collegato ad un mero fattore temporale, ma all'evoluzione delle conoscenze
scientifiche.
D'altro canto, devono essere proseguite le analisi scientifiche per procedere ad
una valutazione scientifica più avanzata o più completa. In questo contesto è
importante anche che le misure siano sottoposte ad un controllo (monitoring)
scientifico regolare, che consenta di valutare ulteriormente tali misure alla
luce delle nuove informazioni scientifiche.
L'Accordo sulle misure sanitarie e fitosanitarie (SPS) prevede che le misure
adottate in un contesto di prove scientifiche insufficienti debbano rispettare
talune condizioni. Tali condizioni riguardano quindi unicamente il settore
dell'applicazione dell'Accordo SPS, ma è possibile che per la specificità di
altri settori, come ad esempio l'ambiente, debbano essere seguiti principi in
parte diversi.
L'articolo 5 paragrafo 7 dell'Accordo SPS comporta talune regole specifiche:
- Le misure devono avere un carattere provvisorio nell'attesa di dati
scientifici più approfonditi. Il carattere provvisorio è tuttavia collegato
all'evoluzione delle conoscenze scientifiche, piuttosto che ad un mero fattore
temporale.
- Ulteriori ricerche devono essere effettuate per ottenere gli ulteriori dati
scientifici necessari per una valutazione più obiettiva del rischio.
- Le misure devono essere riesaminate periodicamente per tenere conto dei nuovi
dati scientifici disponibili. I risultati delle ricerche scientifiche dovrebbero
consentire di completare la valutazione del rischio e, se necessario, di
rivedere le misure in funzione delle conclusioni.
- Il termine ragionevole previsto nell'Accordo SPS comprende pertanto, da un
lato, il tempo necessario affinché i lavori scientifici pertinenti siano
realizzati e, d'altro lato, la realizzazione di una valutazione del rischio che
prenda in considerazione le conclusioni di questi lavori. Non dovrebbe essere
possibile invocare vincoli di bilancio o priorità politiche per giustificare
termini eccessivi nell'ottenimento dei risultati, nella nuova valutazione del
rischio e nella modifica delle misure provvisorie.
Dovrebbero inoltre essere effettuate ricerche per migliorare le metodologie e
gli strumenti di valutazione dei rischi, compresa una maggiore integrazione di
tutti i fattori pertinenti (ad esempio, informazione socioeconomica, prospettive
tecnologiche).
Anche se di natura provvisoria, le misure devono essere mantenute finché i dati
scientifici rimangono incompleti, imprecisi o non concludenti e finché il
rischio viene ritenuto sufficientemente importante per non accettare di farlo
sostenere dalla società.
Il loro mantenimento dipende dall'evoluzione delle conoscenze scientifiche, alla
luce della quale devono essere sottoposte a nuova valutazione. Ciò implica che
le ricerche scientifiche devono essere proseguite, al fine di disporre di dati
più completi.
Le misure basate sul principio di precauzione devono essere riesaminate e, se
necessario, modificate in funzione dei risultati della ricerca scientifica e del
controllo del loro impatto.
6.4. L'onere della prova
- Le regole esistenti nella legislazione comunitaria e in quella di numerosi
paesi terzi applicano il principio dell'autorizzazione preventiva (elenco
positivo) prima dell'immissione sul mercato di alcuni tipi di prodotti, quali le
medicine, gli antiparassitari o gli additivi alimentari. Ciò costituisce già un
modo di applicare il principio di precauzione spostando la responsabilità della
produzione delle prove scientifiche. È questo il caso in particolare delle
sostanze ritenute a priori pericolose o che possono essere potenzialmente
pericolose ad un certo livello d'assorbimento. In questo caso il legislatore,
per precauzione, ha previsto l'inversione dell'onere della prova, stabilendo che
tali sostanze siano considerate come pericolose finché non sia dimostrato il
contrario. Spetta quindi alle imprese realizzare i lavori scientifici necessari
per la valutazione del rischio. Finché il livello di rischio per la salute e per
l'ambiente non può essere valutato con sufficiente certezza, il legislatore non
può legittimamente autorizzare l'utilizzazione della sostanza, salvo in casi
eccezionali per effettuare prove.
- In altri casi, nei quali non è prevista una simile procedura di autorizzazione
preventiva, può spettare all'utilizzatore, persona privata, associazione di
consumatori o di cittadini o al potere pubblico di dimostrare la natura di un
pericolo e il livello di rischio di un prodotto o di un procedimento. Un'azione
adottata in base al principio di precauzione può comportare in alcuni casi una
clausola che preveda l'inversione dell'onere della prova sul produttore, il
fabbricante o l'importatore; tuttavia un tale obbligo non può essere
sistematicamente previsto in quanto principio generale. Questa possibilità
dovrebbe essere esaminata caso per caso, quando una misura viene adottata a
titolo di precauzione nell'attesa dei dati scientifici supplementari, per dare
ai soggetti, che hanno un interesse economico nella produzione e/o nella
commercializzazione del prodotto o del procedimento in questione, la possibilità
di finanziare le ricerche scientifiche necessarie su base volontaria.
Le misure basate sul principio di precauzione possono stabilire una
responsabilità in materia di produzione delle prove scientifiche necessarie ad
una valutazione del rischio completa.
7. Conclusione
Nella presente comunicazione di carattere generale, la Commissione ha espresso
la sua posizione riguardante il ricorso al principio di precauzione. Questa
comunicazione riflette la sua volontà di trasparenza e di dialogo con tutte le
parti interessate. Allo stesso tempo, costituisce uno strumento concreto
d'orientamento per qualunque misura eventuale adottata in applicazione del
principio di precauzione.
La Commissione vuole riaffermare la grande importanza che essa attribuisce alla
distinzione tra la decisione, di natura eminentemente politica, di agire o di
non agire e le misure risultanti dal ricorso al principio di precauzione, che
devono rispettare i principi generali applicabili per qualunque misura di
gestione dei rischi. La Commissione ritiene inoltre che qualunque decisione
debba essere preceduta da un esame di tutti i dati scientifici disponibili e, se
possibile, da una valutazione quanto più possibile obiettiva e completa del
rischio. Decidere di ricorrere al principio di precauzione non significa che le
misure siano fondate su base arbitraria o discriminatoria.
Questa comunicazione può quindi contribuire a riaffermare la posizione della
Comunità a livello internazionale, nel quale sempre più spesso viene citato il
principio di precauzione. La Commissione intende tuttavia sottolineare che la
presente comunicazione non intende costituire un punto finale alla riflessione,
ma che, al contrario, intende costituire un punto di partenza per uno studio più
vasto delle condizioni nelle quali i rischi dovrebbero essere valutati, gestiti
e comunicati.
ALLEGATO I
Basi giuridiche e di altro tipo delle decisioni dell'Unione europea riguardanti
le misure precauzionali
I testi legislativi
Rif. 1
Il Trattato di Amsterdam, riprendendo le disposizioni già introdotte dal
Trattato di Maastricht del 1992, e più precisamente l'articolo 174, prevede
quanto segue:
- "2. La politica della Comunità in materia ambientale mira a un livello elevato
di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni
della Comunità. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell'azione
preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei
danni causati all'ambiente, nonché sul principio "chi inquina paga"...
- 3. Nel predisporre la sua politica in materia ambientale la Comunità tiene
conto: - dei dati scientifici e tecnici disponibili,... - dei vantaggi e degli
oneri che possono derivare dall'azione o dall'assenza di azione..."
Rif. 2
L'articolo 6 del Trattato CE prevede che " le esigenze connesse con la tutela
dell'ambiente devono essere integrate nella definizione e nell'attuazione delle
politiche e azioni comunitarie di cui all'articolo 3, in particolare nella
prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile".
Rif. 3
L'articolo 95, paragrafo 3, del Trattato CE prevede quanto segue: "La
Commissione, nelle sue proposte di cui al paragrafo 1 in materia di sanità,
sicurezza, protezione dell'ambiente e protezione dei consumatori, si basa su un
livello di protezione elevato, tenuto conto, in particolare, degli eventuali
nuovi sviluppi fondati su riscontri scientifici. Anche il Parlamento europeo e
il Consiglio, nell'ambito delle rispettive competenze, cercheranno di conseguire
tale obiettivo".
Rif. 4
L'articolo 152 del Trattato CE prevede al primo paragrafo: "Nella definizione e
nell'attuazione di tutte le politiche e attività della Comunità è garantito un
livello elevato di protezione della salute umana".
La giurisprudenza
Rif. 5
Nella sua sentenza sulla validità della decisione della Commissione che vieta
l'esportazione di bestiame del Regno Unito per limitare il rischio di
trasmissione dell'encefalopatia spongiforme bovina (sentenze del 5 maggio 1998,
cause C-157/96 e C-180/96), la Corte ha precisato:
"Orbene, si deve ammettere, quando sussistono incertezze riguardo all'esistenza
o alla portata di rischi per la salute delle persone, le istituzioni possono
adottare misure protettive senza dover attendere che siano esaurientemente
dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi" (punto 99 della motivazione).
Il punto seguente precisa ulteriormente il ragionamento seguito dalla Corte:
"Questa considerazione è corroborata dall'articolo 130R, n. 1, del Trattato CE,
secondo il quale la protezione della salute umana rientra tra gli obiettivi
della politica della Comunità in materia ambientale. Il n. 2 del medesimo
articolo dispone che questa politica, che mira a un elevato livello di tutela, è
fondata segnatamente sui principi della precauzione e dell'azione preventiva e
che le esigenze connesse con la tutela dell'ambiente devono essere integrate
nella definizione e nell'attuazione delle altre politiche comunitarie" (punto
100 della motivazione).
Rif. 6
In un'altra sentenza relativa alla tutela della salute dei consumatori (sentenza
del 16 luglio 1998, causa T-199/96), il Tribunale di prima istanza riprende il
passaggio utilizzato nella sentenza relativa all'ESB (vedi punti 66 e 67).
Rif. 7
Recentemente nell'ordinanza del 30 giugno 1999 (causa T-70/99), il Presidente
del Tribunale di prima istanza conferma le posizioni espresse nelle sentenze
menzionate. È importante tuttavia sottolineare che in questa decisione
giurisdizionale viene fatto esplicito riferimento al principio di precauzione e
si riafferma che "le esigenze collegate alla protezione della salute pubblica
devono incontestabilmente vedersi riconoscere un carattere preponderante
rispetto alle considerazioni economiche".
Gli orientamenti politici
Rif. 8
Nella sua comunicazione del 30 aprile 1997 sulla salute dei consumatori e la
sicurezza alimentare (COM(97) 183 def.), la Commissione indica quanto segue:
"La Commissione sarà guidata nella sua analisi dei rischi dal principio di
precauzione nei casi in cui le basi scientifiche siano insufficienti o
persistano alcune incertezze".
Rif. 9
Nel suo Libro verde "I principi generali della legislazione in materia
alimentare nell'Unione europea" del 30 aprile 1997 (COM(97) 176 def.), la
Commissione ribadisce questa indicazione:
"Il Trattato impone alla Comunità di contribuire al mantenimento di un elevato
livello di tutela di salute pubblica, dell'ambiente e dei consumatori. Le misure
intese a garantire un elevato livello di tutela e di coerenza dovrebbero essere
basate sulla valutazione dei rischi tenendo conto di tutti i fattori rilevanti
in questione, compresi gli aspetti tecnologici, i migliori dati scientifici
disponibili e i metodi disponibili d'ispezione, campionamento e prova. Qualora
non sia possibile una completa valutazione dei rischi, le misure dovrebbero
essere basate sul principio precauzionale".
Rif. 10
Nella sua risoluzione del 10 marzo 1998 riguardante questo Libro verde, il
Parlamento europeo ha constatato:
"La legislazione alimentare europea si base sul principio di una tutela
preventiva della salute e dei consumatori,
sottolinea che la politica attuata in questo settore deve basarsi su un'analisi
dei rischi che faccia riferimento a basi scientifiche e sia integrata, ove ciò
sia necessario, da una gestione adeguata dei rischi fondata sul principio di
precauzione e
invita la Commissione a chiedere ai suoi Comitati scientifici di presentare un
insieme completo di argomenti basato sul principio di precauzione in caso di
messa in questione della legislazione comunitaria in materia alimentare da parte
delle istanze dell'OMC".
Rif. 11
Il Comitato parlamentare misto dello Spazio economico europeo ha adottato, il 16
marzo 1999, una risoluzione relativa alla "sicurezza alimentare nello Spazio
economico europeo. A tal fine, da un lato, "sottolinea l'importanza
dell'applicazione del principio di precauzione" (punto 5) e, d'altro lato,
"riafferma l'esigenza fondamentale di un approccio precauzionale nell'ambito del
SEE alla valutazione delle richieste di commercializzazione degli organismi
geneticamente modificati che si intendono inserire nella catena alimentare ...."
(punto 13).
Rif. 12
Il 13 aprile 1999 il Consiglio ha adottato una risoluzione che chiede alla
Commissione, tra l'altro "di essere in futuro ancora più determinata nel seguire
il principio di precauzione preparando proposte legislative e nelle altre
attività nel settore della tutela dei consumatori, sviluppando in via
prioritaria orientamenti chiari ed efficaci per l'applicazione di questo
principio".
ALLEGATO II
IL PRINCIPIO DI PRECAUZIONE IN DIRITTO INTERNAZIONALE
L'ambiente
Pur avendo trovato un'applicazione più vasta, il principio di precauzione è
stato sviluppato prima di tutto nel contesto della politica dell'ambiente. Nella
dichiarazione ministeriale della seconda Conferenza internazionale sulla
protezione del Mare del Nord (1987), si precisa: "una strategia di precauzione
si impone al fine di proteggere il Mare del Nord dai potenziali effetti dannosi
delle sostanze più pericolose. Tale strategia può richiedere l'adozione di
misure di controllo delle emissioni di tali sostanze prima che sia stabilito
formalmente un legame di causa a effetto sul piano scientifico". Durante la
terza Conferenza internazionale sulla protezione del Mare del Nord (1990) è
stata formulata una nuova dichiarazione ministeriale che precisa la
dichiarazione precedente: "I governi firmatari devono applicare il principio di
precauzione, vale a dire adottare misure volte ad evitare gli impatti
potenzialmente nocivi di sostanze che sono persistenti, tossiche e suscettibili
di accumulazione biologica, anche quando non vi sono prove scientifiche
dell'esistenza di un nesso causale tra le emissioni e gli effetti".
Il principio di precauzione è stato esplicitamente riconosciuto nel corso della
Conferenza delle Nazioni Unite sull'Ambiente e lo Sviluppo (UNCED) di Rio de
Janeiro nel 1992, e figura nella Dichiarazione di Rio. Da allora sono stati
approvati vari testi riguardanti l'ambiente, e in particolare i cambiamenti
climatici a livello planetario, le sostanze che impoveriscono lo strato di ozono
e la preservazione della biodiversità.
Il principio di precauzione è indicato come principio 15 della Dichiarazione di
Rio, tra i diritti e gli obblighi di natura generale delle istanze nazionali:
"Per proteggere l'ambiente, gli Stati debbono applicare intensamente misure di
precauzione a seconda delle loro capacità. In caso di rischio di danni gravi o
irreversibili, la mancanza di un'assoluta certezza scientifica non deve
costituire un pretesto per rimandare l'adozione di misure efficaci volte a
prevenire il degrado ambientale".
Il principio 15 è ripreso in termini analoghi:
1. Nel preambolo della Convenzione sulla diversità biologica (1992):
(...) Da notare inoltre che quando esiste una minaccia di riduzione sensibile o
di perdita della diversità biologica, la mancanza di certezze scientifiche
assolute non dev'essere invocata per rimandare misure che consentirebbero di
evitare il pericolo o di attenuarne gli effetti (...)
2. All'articolo 3 (Principi) della Convenzione sui cambiamenti climatici (1992):
(...) Le parti devono adottare misure precauzionali per prevedere, prevenire o
attenuare le cause dei cambiamenti climatici e limitarne gli effetti nocivi.
Quando si è di fronte a un rischio di perturbazioni gravi o irreversibili, la
mancanza di certezze scientifiche assolute non deve costituire un pretesto per
rimandare l'adozione di tali misure, tenendo conto che le politiche e le misure
rese necessarie dai cambiamenti climatici richiedono un buon rapporto
costo-efficacia, in modo tale da garantire vantaggi globali al costo più basso
possibile." Per raggiungere tale obiettivo, è opportuno che tali politiche e
misure tengano conto della diversità dei contesti socio-economici, siano
globali, comprendano tutte le fonti e tutte le riserve di gas a effetto serra,
comprendano misure di adeguamento e si applichino a tutti i settori economici.
Le iniziative volte a contrastare tali cambiamenti climatici potranno essere
oggetto di un'azione concertata delle parti interessate.
Nella Convenzione di Parigi per la protezione dell'ambiente marino per
l'Atlantico Nord-Orientale (settembre 1992) il principio di precauzione viene
qualificato nei seguenti termini: "principio secondo il quale le misure di
precauzione devono essere adottate quando vi sono ragionevoli motivi di temere
che sostanze o energia introdotte direttamente o indirettamente nell'ambiente
possano comportare rischi per la salute umana, nuocere alle risorse biologiche o
agli ecosistemi, danneggiare le condizioni di vita ovvero ostacolare altre
utilizzazioni dell'ambiente, anche se non vi sono prove concludenti di un
rapporto di causa-effetto."
Recentemente, il 28 gennaio 2000, durante la Conferenza che ha riunito le Parti
della Convenzione sulla diversità biologica, è stato adottato il Protocollo
sulla Biosicurezza riguardante il trasferimento, la manipolazione e
l'utilizzazione sicuri degli organismi viventi modificati derivanti dalla
moderna biotecnologia. Esso ha confermato la funzione fondamentale del principio
di precauzione, infatti l'articolo 10 paragrafo 6 indica che: "La mancanza di
certezze scientifiche dovute a insufficienti informazioni e conoscenze
scientifiche riguardanti la portata dei potenziali effetti negativi di un
organismo vivente modificato sulla conservazione e l'utilizzazione sostenibile
della diversità biologica nella Parte d'importazione, tenendo conto anche dei
rischi per la salute umana, non dovrà impedire a tale Parte di adottare
decisioni adeguate rispetto all'introduzione degli organismi viventi modificati
in questione, di cui al precedente paragrafo 3, al fine di evitare o limitare
tali effetti potenzialmente negativi." (traduzione non ufficiale).
Inoltre, il preambolo dell'Accordo dell'OMC sottolinea i legami sempre più
stretti tra il commercio internazionale e la tutela dell'ambiente.
L'accordo SPS dell'OMC
Anche se l'espressione "principio di precauzione" non figura esplicitamente
nell'Accordo dell'OMC sull'applicazione delle misure sanitarie e fitosanitarie (SPS),
la relazione dell'organismo d'appello sulle misure comunitarie riguardanti le
carni e i prodotti della carne (ormoni) (AB-1997-4, paragrafo 124) afferma che
questo principio è preso in considerazione all'articolo 5.7 dell'Accordo, il cui
testo è il seguente: "Nei casi in cui le prove scientifiche pertinenti siano
insufficienti, un membro potrà provvisoriamente adottare misure sanitarie o
fitosanitarie sulla base delle informazioni pertinenti disponibili, comprese
quelle provenienti dalle organizzazioni internazionali competenti nonché quelle
derivanti dalle misure sanitarie o fitosanitarie applicate da altri Stati
membri. In tali circostanze, i membri si sforzeranno di ottenere le informazioni
ulteriori necessarie per procedere a una valutazione più obiettiva del rischio
ed esamineranno di conseguenza la misura sanitaria o fitosanitaria entro termini
ragionevoli."
La relazione dell'Organismo d'appello sugli ormoni (paragrafo 124) riconosce che
"non è necessario presupporre che l'articolo 5.7 sia esaustivo per quanto
riguarda la pertinenza del principio di precauzione". Inoltre, i Membri hanno
"il diritto di stabilire il livello di protezione sanitaria che ritengono
adeguato, che può essere più elevato (vale a dire più prudente) di quello
previsto dalle norme, dalle direttive e dalle raccomandazioni internazionali
esistenti". Inoltre, accetta che "i governi rappresentativi e consapevoli delle
loro responsabilità agiscano in generale con prudenza e precauzione per quanto
riguarda i rischi di danni irreversibili o letali per la salute delle persone".
La relazione dell'Organismo d'appello sul "Giappone-Misure relative ai prodotti
agricoli" (AB-1998-8, paragrafo 89) enuncia le quattro prescrizioni che debbono
essere soddisfatte per poter adottare e mantenere una misura provvisoria SPS. Un
Membro può provvisoriamente adottare una misura SPS se tale misura è:
1) imposta relativamente a una situazione nella quale "le informazioni
scientifiche pertinenti sono insufficienti"; e
2) adottata "sulla base delle informazioni pertinenti disponibili".
Tale misura provvisoria può essere mantenuta solo se il membro che l'ha
adottata:
1) "si sforza di ottenere le informazioni aggiuntive necessarie per effettuare
una valutazione più obiettiva del rischio"; e
2) "esamina su tale base la misura...entro termini ragionevoli".
Queste quattro prescrizioni sono evidentemente cumulative ed hanno pari
importanza al fine di determinare la compatibilità con le disposizioni
dell'articolo 5.7. Ogni volta che una di queste quattro prescrizioni non sia
soddisfatta, la misura in questione è incompatibile con l'articolo 5.7. Per
quanto riguarda "i termini ragionevoli" per l'esame della misura, l'organismo
d'appello spiega (paragrafo 93) che questo punto dev'essere stabilito caso per
caso e dipende dalle circostanze specifiche di ciascuna fattispecie, compresa la
difficoltà di ottenere informazioni aggiuntive necessarie per l'analisi e le
caratteristiche della misura provvisoria SPS.
ALLEGATO III
LE QUATTRO COMPONENTI DELLA VALUTAZIONE DEL RISCHIO
Prima di avviare qualunque azione, sarebbe opportuno tentare di completare per
quanto possibile le seguenti quattro fasi della valutazione del rischio.
- Con identificazione del pericolo s'intende l'identificazione degli agenti
biologici, chimici o fisici che possono avere effetti negativi. Una nuova
sostanza o un nuovo agente biologico possono rivelarsi attraverso i loro effetti
sulla popolazione (malattia o morte), o sull'ambiente e può essere possibile
descrivere gli effetti attuali o potenziali sulla popolazione o sull'ambiente
prima che la causa sia identificata al di là di ogni ragionevole dubbio.
- La caratterizzazione del pericolo consiste nella determinazione, in termini
quantitativi e/o qualitativi, della natura e della gravità degli effetti nocivi
collegati con gli agenti o le attività causali. In questa fase deve essere
stabilito il rapporto tra le quantità di sostanze pericolose e gli effetti.
Tuttavia, a volte è difficile o impossibile provare tale rapporto, ad esempio
perché il nesso causale non è stato individuato al di là di ogni ragionevole
dubbio.
- La valutazione dell'esposizione consiste nella valutazione quantitativa o
qualitativa della probabilità di esposizione all'agente in questione. Oltre alle
informazioni sugli agenti stessi (fonte, distribuzione, concentrazioni,
caratteristiche, ecc.), sono necessari dati sulla probabilità di contaminazione
o esposizione della popolazione o dell'ambiente al pericolo.
- La caratterizzazione del rischio corrisponde alla stima qualitativa e/o
quantitativa, tenendo conto delle inerenti incertezze, della probabilità, della
frequenza e della gravità degli effetti negativi sull'ambiente o sulla salute,
conosciuti o potenziali, che possono verificarsi. Tale caratterizzazione viene
stabilita sulla base dei tre componenti precedenti ed è strettamente collegata
alle incertezze, variazioni, ipotesi di lavoro e congetture effettuate in
ciascuna fase del procedimento. Quando i dati disponibili sono inadeguati o non
conclusivi, una strategia prudente e di precauzione per la protezione
dell'ambiente, della salute o della sicurezza potrebbe essere quella di optare
per l'ipotesi più pessimista. Quando tali ipotesi si accumulano, vi è
indubbiamente un'esagerazione del rischio reale ma, correlativamente, una certa
garanzia che il rischio non venga sottovalutato
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